Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/451


paradiso - canto xxix 445

     E non voglio che dubbi, ma sie certo,
che ricever la grazia è meritorio,
66secondo che l’affetto l’è aperto.
     Omai dintorno a questo consistorio
puoi contemplare assai, se le parole
69mie son ricolte, senz’altro aiutorio.
     Ma perché in terra per le vostre scuole
si legge che l’angelica natura
72è tal che ’ntende e si ricorda e vuole,
     ancor dirò, perché tu veggi pura
la veritá che lá giú si confonde,
75equivocando in sí fatta lettura.
     Queste sustanze, poi che fur gioconde
de la faccia di Dio, non volser viso
73da essa, da cui nulla si nasconde;
     però non hanno vedere interciso
da novo obietto, e però non bisogna
81rememorar per concetto diviso:
     sí che lá giú, non dormendo, si sogna,
credendo e non credendo dicer vero;
84ma ne l’uno è piú colpa e piú vergogna.
     Voi non andate giú per un sentiero
filosofando; tanto vi trasporta
87l’amor de l’apparenza e ’l suo pensiero!
     E ancor questo qua su si comporta
con men disdegno, che quando è posposta
90la divina scrittura, o quando è torta.
     Non vi si pensa quanto sangue costa
seminarla nel mondo, e quanto piace
93chi umilmente con essa s’accosta.
     Per apparer ciascun s’ingegna e face
sue invenzioni; e quelle son trascorse
96da’ predicanti e ’l Vangelo si tace.
     Un dice che la luna si ritorse
ne la passion di Cristo e s’interpose,
99per che ’l lume del sol giú non si porse;