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sopra la rima 381

ebbero maggior vanto di coltura, e delle isquisitezze della poesia furono più vaghe, non impedirono con soverchie difficoltà il poeta, anzi cercarono quanto fu possibile di liberarnelo, onde meglio potesse tener dietro alla natura ed al vero nella imitazione che avea da farne col verso. I Greci erano astretti bensì nella composizione de’ loro versi alla quantità delle sillabe e al numero de’ piedi; ma oltre che potevano combinare in differenti maniere essi piedi, singolarmente nello esametro o sia eroico, il più usitato e principe de’ loro versi, aveano in loro ajuto una falange di figure grammaticale, il metaplasmo, la prostesi, l’aferesi, la sincope, la epentesi, l’apocope, l’antitesi, la metatesi, la sinalefa, la paragoge, l’anadiplosi1; potevano incastrare qua e là quelle loro particole riempitive di niuna significazione, ma di gran comodo al poeta; era loro lecito di servirsi di varj dialetti, jonico, dorico, eolico, attico, conforme al bisogno; mercè le quali cose tutte venivano a cangiare, secondo che loro tornava, la quantità delle sillabe, mutilavano le parole, le slungavano a loro piacimento, le rendevano di suono più

  1. Metaplasmo, quaevis mutatio per poëticam licentiam; prostesi σμικρὸς pro μικρὸς; aferesi, ὀρτὴ pro ἑορτὴ; sincope, ἐγέννατο pro ἐγεννήσατο; epentesi ἔλλαβε pro ἔλαβε; apocope, δῶ pro δῶμα; antitesi, θάλαττα pro θἀλασσα; metatesi, κἀρτος pro κράτος; sinalefa τοὔνομα pro τὸ ὄνομα; paragoge, ἦσθα pro ἦς; anadiplosi, κεκάμωσι pro κάμωσι.