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sesta 111

Così, se lice il paragon, riduce
     L’arte le tele a trasparir dipinte,
     249Che il color d’esse appar colore e luce.
Da un lato risplendean co’ rai distinte
     In buja notte le Angeliche Squadre
     252A porre il piede in vil capanna accinte,
Quando dal grembo della diva Madre
     Nacque congiunto d’Uom al velo e all’Alma
     255Il Figlio eguale in Deitade al Padre:
Dall’altro stanca la materna salma
     Nel fuggir lungi dall’Ebrea pendice,
     258Parca posar sotto l’Egizia palma;
E mentre il latte il divin Parto elíce
     Dal casto sen, parea ver Lei coi rami
     261L’auree frutta piegar l’arbor felice.
Quinci agli atti apparía madre, che brami
     L’unico suo trovar perduto pegno,
     264E invan per nome fra i sospir lo chiami;
Poi di gioja nel volto apra il bel segno
     Quando nel Tempio fra i più Saggi il vide
     267Chiara far mostra del divino ingegno:
Quindi pel Galileo stuol, che s’asside
     Alle mense di fior festosi sparse,
     270Offre Ella i voti, e ai voti il Figlio arride,
E dell’uve spremute entro le scarse
     Urne la turba nuzíal rimira
     273Nel soave liquor l’acque cangiarse.
Oimè! che immago è questa? Ahi! che s’aggira
     Caliginoso intorno al sole ammanto,
     276La terra e l’aria orrore e morte spira.
Egli alto in Croce, Ella alla Croce accanto;
     Trafitti ambo, un da chiodi, una d’affanno;
     279Gronda il Figlio di sangue, Ella di pianto.