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56 VITA DI VITTORIO ALFIERI.


[1760] compagni, che mi denominavano col gentilissimo titolo di Carogna; ed i più spiritosi ed umani ci aggiungevano anco l’epiteto di Fradicia. Quello stato di salute mi cagionava delle fierissime malinconie, e quindi si radicava in me sempre più l’amore della solitudine. Nell’anno 1760 passai con tutto ciò in Rettorica,-perchè quei mali tanto mi lasciavano di quando in quando studicchiare, e poco ci volea per far quelle classi. Ma il maestro di Rettorica trovandosi essere assai meno abile di quello d’Ur manità,-benché ci spiegasse l’Eneide, e ci facesse far dei versi Latini, mi parve, quanto a me, che sotto di lui io andassi piuttosto indie tro che innanzi nell’intelligenza della lingua Latina. Ma pure, poiché io non era l’ultimo tra quegli altri scolari, da ciò argomento che dovesse esser lo stesso di loro. In quell’anno di pretesa Rettorica, mi venne fatto di ricuperare il mio Ariostino, rubandolo a un Tomo per volta al Sottopriore, che se l’era innestato fra gli altri suoi libri in un suo scaffale esposto alla vista. E mi prestò opportunità di ciò fare,. il tempo in cui andavamo in camera sua alcuni privilegiati,per vedere dalle di lui finestre giù ’ care al pallon grosso, perchè dalla camera s situata di faccia al Battitore, si godeva as