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128 alceste seconda
cedere, è forza: ma il piegarsi ad esso

senza infranger pur l’animo, discerne
dal volgar uom l’alteramente nato.
Nel mio coraggio addoppierassi il suo:
salvo io l’avrò coi genitori e i figli;
viva, egli amommi: onorerammi estinta.
Feréo Muto rimango, annichilato: in petto
nobil’invidia, alto dolore, e dura
di me vergogna insopportabil sento.
Farò...
Alces.   Farai, che la memoria mia
quí sacra resti, al mio pensier tu stesso
or servendo, qual dei. Salvar tu il figlio,
ed io ’l marito, deggio: ecco d’entrambi
l’alto dovere, e il solo. E giá di nuovo
il fatal voto al tuo cospetto io giuro...
E giá compiendo ei vassi... Ah! sí; ne provo
giá i crudi effetti. Una vorace ardente
febbre giá giá pel mio mortal serpeggia.
Dubbio non v’ha: Pluto il mio voto accolse;
a se mi chiama; ed omai salvo è Adméto.
Feréo A lui men corro; egli fors’anco...
Alces.   A lui
non è chi giunga anzi di me: giá pria
chiusi ad ogni uom n’ebb’io gli accessi tutti.
Io risanarlo, ed annunziargliel’io
debbo; non altri. Or tu, che pur tant’ami
l’egregia tua consorte, a lei ten vola,
e il lieto avviso del risorto figlio,
bench’ella infermo a morte nol credesse,
recagliel tu.
Feréo   Noi miseri...
Alces.   Voi lieti,
che riaveste il giá perduto figlio.
Vanne; ten prego: invan ti opponi; io fatta
son piú che Donna. Ogni timor sia muto: