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atto secondo 77
presti al mio schietto dir, tu d’altro padre

degna, deh! invan non lo irritar; ten prego.
Serbati ai figli nostri; ad essi scudo
contro alla rabbia sii del padre fero:
gli alti pensieri, ond’io ti posi a parte,
e che sí ben sentivi, aggiunti agli alti
innati tuoi, che dell’amor di figlia
son la essenza sublime, in lor trasfondi
sí, ch’ei crescano a Sparta e al padre a un tempo.
Non assetato di vendetta io moro,
ma di virtú Spartana; ancor che tarda,
purch’ella un dí dai figli miei rinasca,
ne sará paga l’ombra mia...
Agiz.   Mi squarci
il core... Oimè!... perché di morte...?
Agide   O donna;
Spartana sei, d’Agide moglie; il pianto
raffrena. Il sangue mio giovar può a Sparta;
non il mio pianto a te. Rasciuga il ciglio;
non mi sforzare a lagrimar...
Agiz.   So tutte
del tuo sublime, umano, ottimo core
l’atre tempeste; i generosi tuoi
retti disegni entro alla mente io porto
forte scolpiti; e se, a compirgli appieno,
del mio padre la intera alta rovina
d’uopo non era, ad eseguirli presta
me prima avevi, e del mio sangue a costo...
Oh quante volte il padre, sí diverso
da te, m’increbbe! oh quante volte io piansi
d’essergli figlia! ed io pur l’era; e il sono,
ahi lassa!... e fra voi due stommi infelice:
e fra voi debbo esser di pace io ’l mezzo,
o perir deggio.
Agide   Esser di Sparta figlia,
e di Spartani madre esser dovresti,