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atto quarto 201
Bruto   Che festi?

Che festi? oh cielo! — Ah! cittadin di Roma
non eri tu in quel punto; poiché Roma
per me tradivi... Né figliuol di Bruto
eri tu allor, poiché il suo onor vendevi
al prezzo infame dei comuni ceppi.
Tiberio Il tuo giusto furor, deh! padre, in lui
non volger solo; al par lo merto anch’io.
Per te, il confesso, anch’io tremai; piú amato
da noi fu il padre, che la patria nostra:
sí, padre, il nostro unico error fu questo.
Coll. Ahi giovinetti miseri!... Oh infelice
padre!...
Bruto   Ah! pur troppo voi di Bruto foste,
piú che di Roma, figli! In rio servaggio
voi nati, ad ingannarvi io pur costretto
dai duri nostri tempi, a forti ed alti
liberi sensi io non potea nudrirvi,
qual debbe un padre cittadino... O figli,
del vostro errar cagion non altra io cerco.
Me, me ne incolpo, ed il servir mio prisco,
e il mio tacere; e, ancorché finto, il mio
stesso tremar, che a tremare insegnovvi.
Ah! non è muta entro al mio cor pietade;...
ma, in suon piú fero, mi grida tremenda
giustizia; e a dritto or la pretende Roma. —
Figli miei, figli amati, io son piú assai
infelice di voi... Deh! poiché a vostra
scelta era pure o il tradir Roma, o a morte
sottrarre il padre; oh ciel! perché scordarvi,
che a sottrar Bruto dall’infamia (sola,
vera sua morte) a lui bastava un ferro?
Ed ei lo aveva; ed il sapean suoi figli:
tremar potean mai quindi essi pel padre?
Coll. Deh! per ora il dolore e l’ira alquanto
acqueta, o Bruto: ancor, chi sa?... salvarli
forse...