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atto quarto 197
Padre omai piú non sei... — Ma, ancor di Roma

consol non men che cittadin, tu sei. —
Littori, olá, Tito e Tiberio tosto
guidinsi avanti al mio cospetto.
Coll.   Ah! meglio,
meglio era, o Bruto, che morir me solo
lasciassi tu...
Bruto   Ma come in man ti cadde
questo terribil foglio?
Coll.   Io stesso il vidi,
bench’ei ratto il celasse, in mano io ’l vidi
del traditor Mamilio: il feci io quindi
torre a lui nell’espellerlo di Roma.
A fida guardia in tua magion commessi
ebbi intanto i tuoi figli; a ogni altra cosa
ebbi a un tratto provvisto: a vuoto, io spero,
tutti cadranno i tradimenti. In tempo
n’ebbi io l’avviso; e fu pietade al certo
di Giove, somma, che scoperto volle
un sí orribile arcano a me non padre.
Io, palpitando, e piangendo, a te il narro:
ma forza è pur, che te lo sveli io pria,
che in tua magion tu il piede...
Bruto   Altra magione
piú non rimane all’infelice Bruto,
fuorché il foro, e la tomba. — È dover mio,
dar vita a Roma, anzi che a Bruto morte.
Coll. Mi squarci il core. Il tuo dolor mi toglie
quasi il senso del mio... Ma, chi sa?... forse,
scolpar si ponno i figli tuoi... Gli udrai...
Io, fuorché a te, né pur parola ho fatto
finor della congiura: ogni piú saldo
mezzo adoprai, per impedir soltanto
ch’uom non si muova in questa notte: all’alba
convocato ho nel foro il popol tutto...
Bruto E il popol tutto, alla sorgente aurora,