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36 rosmunda
Romil. Tutto è mio regno, ovunque teco io sia.

Gioja ne ho tanta, ch’io creder nol posso...
ma sí gran dolce pur si agguaglia appena
all’amaro, che nuovo in cor mi sorge.
M’ama Almachilde infame: io non mertai
l’empio suo amore; inaspettato giunse
all’innocente orecchio mio: ma giunto
evvi pure; né in lui...
Ildov.   Conoscer meglio
io quel fellon dovea: ma, de’ miei doni
far giuro ammenda; e la vittoria, il regno,
la vita a lui col sangue mio serbata,
far sí ch’ei sconti. Ma sfuggirlo io deggio
per ora, e il vo’, fin che non sii tu in salvo.
Romil. Ah! tu non sai, qual mortal colpo al core
m’era l’udir suoi scellerati detti!
Quanto di te men degna esser m’è avviso,
da ch’io pur piacqui a cotal vile! Oh quanto
io l’abborrisco! — È la cagion primiera
d’ogni mio mal Rosmunda; ella d’oltraggi
mi ha carca, e oppressa, ed avvilita sempre;
io sento in cor tristo un presagio, ch’ella
stromento a me non fia mai di salvezza;
so l’odio immenso, ch’or fan doppio in lei
la ferocia natía, l’atro delitto,
l’aspe novel di gelosia: ma tutti,
quai che sien pur, del suo furor gli effetti
per minor male io scelgo, che l’amarmi
di quel suo vile, e osarmel dire...
Ildov.   Il folle
ardir ben ei ne pagherá: ti acqueta;
non fu tua colpa udirlo.
Romil.   A lui men dura
mai non dovea mostrarmi; ecco il mio fallo;
non soffrir mai che a’ mali miei pietoso
mostrarsi ardisse; né del pianger mio