Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. I, 1946 – BEIC 1727075.djvu/166

160 polinice
succede... Oh reo silenzio! a me presago

di sventura piú rea! Chi sa?... sospesa
la pugna han forse... Oimè!... forse a quest’ora
compiuta l’hanno. — Omai (lassa!) che debbo
creder, sperar, temer? per chi far voti?
Qual vincitor bramar? — Nessuno: entrambi
miei figli sono. O tu, qual sii, che palma
n’hai colto, innanzi (ah!) non venirmi; trema,
fuggi, iniquo; si aspetta al vinto intera
la mia pietade: ombre compagne, a Dite
noi scenderemo, ad implorar vendetta:
ne soffrirò la vista io mai di un figlio,
che, sul fratello ancora semivivo,
d’empia vittoria il reo stendardo innalza.


SCENA SECONDA

Antigone, Giocasta.

Gioc. Antigone... — Deh! taci... In volto impresso

ti sta il pallor di morte... Ahi!... tutto intesi:
quell’orribil silenzio...
Antig.   A orribil pugna
diè loco.
Gioc.   ... E,... spenti... i figli?
Antig.   Un sol...
Gioc.   Qual vive?
Ahi traditor! ti voglio io stessa...
Antig.   Il fero
lor duello vid’io dall’alte torri:
a terra immerso nel sangue cadeva...
Gioc. Quale?... Oimè!... Parla.
Antig.   Eteócle cadeva.
Gioc. Cosí sfuggir volea l’atroce pugna,
cosí morir, quel Polinice? Ahi vile!
tu sazíar l’abbominevol rabbia