Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. I, 1946 – BEIC 1727075.djvu/155


ATTO QUARTO

SCENA PRIMA

Eteocle, Giocasta, Polinice, Antigone,

Sacerdoti, Popolo, Soldati.

Gioc. Numi, se è ver, che della pace il fausto

giorno sia questo, a me l’ultimo ei splenda.
Troppo ardir fora altri implorarne io poscia;
e il mio sperar soverchio anco di questo...
Ma, Creonte?...
Eteoc.   Ei verrá. — Mi offendi, o madre,
se omai tu temi: io voglio, anch’io, la pace,
non men di te; poich’io la compro, e in prezzo
ne do il mio regno. Io ’l cedo, il regno io cedo;
che a me finor tolto non era. Eppure
mendace andranne ingiuríosa fama,
ch’io difender nol seppi. Il ver si sappia:
serbar nol volli; e non piú a lungo incerta
tenerti, o madre, infra temenza e speme.
Al mio oprar sola norma è la salvezza,
e il ben di tutti vero. Ancor rammento,
apprezzo ancor di cittadino io ’l nome;
e il mostrerò; forse di tale ad onta,
che i dritti calca della patria sacri
con piè profano. — Io mai, no mai, piú degno
né mi estimai, né il fui, di premer questo
mio seggio, ch’oggi; oggi, nel punto istesso,