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atto quinto 107
Isab.   A me la vita

cara?...
Carlo   Il mio onor, dunque e la fama tua.
Isab. Ch’io ti abbandoni in tal periglio?
Carlo   A tale
periglio esporti? a che varria? Te stessa
tu perdi, e me non salvi. Un sol sospetto
virtude macchia. Deh! la iniqua gioja
togli al tiranno di poter tacciarti
del sol pensier pur rea. Va: cela il pianto;
premi i sospir nel petto: a ciglio asciutto,
con intrepida fronte udir t’è forza
del mio morire. Alla virtú fian sacri
quei tristi dí, che a me sopravvivrai...
E, se pur cerchi al tuo dolor sollievo,
fra tanti rei, sol uno ottimo resta;
Perez, cui ben conosci: ei pianger teco
potrá di furto;... e tu, con lui talvolta
di me parlar potrai... Ma intanto, vanne:
esci;... fa ch’io non pianga,... a brano a brano
deh non squarciarmi il cuore! ultimo addio
prendi,... e mi lascia;... va: tutta or m’è d’uopo
la mia virtude; or, che fatal si appressa
l’ora di morte...


SCENA TERZA

Filippo, Isabella, Carlo.

Filippo   Ora di morte è giunta:

perfido, è giunta: io te l’arreco.
Isab.   Oh vista!
Oh tradimento!...
Carlo   Ed io son presto a morte:
dammela tu.
Filippo   Morrai, fellon: ma pria,