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— No, signor Alvaro, non ci ho diritto.

— Una sorella non ha diritto di accettare il presente, che le offre suo fratello?

— Avete ragione, riprese la giovane sospirando, lo terrò come una vostra rimembranza; non sarà un fregio per me, ma una reliquia.

Il giovane non rispose, e si ritrasse per troncare questa conversazione.

Dalla sera innanzi Alvaro non potea togliersi alla potente impressione in lui prodotta dalla passione d’Isabella; occorreva non esser uomo, per non sentirsi profondamente commosso da quell’amor ardente di una bella donna, da quelle parole di fuoco, che uscirono dalle labbra d’Isabella sì piene di sentimento.

Ma la ragione diritta del cavaliere ricalcava quell’impressione nel fondo del cuore; non era padrone di sè stesso; avea accettato il legato di don Antonio de Mariz, e giurato di dar a Cecilia la sua mano.

Ancorchè non isperasse che il suo sogno dorato fosse per divenir reale, capiva che era rigorosamente tenuto a soggettarsi alla volontà del fidalgo, a proteggere la figlia di lui, a dedicarle la sua esistenza.

Quando Cecilia lo respingesse apertamente, e don Antonio lo sciogliesse della sua promessa, allora il suo cuore sarebbe libero, se già il disinganno non l’avesse tolto di vita.

L’unico fatto notabile, che accadde in quel dì, fu l’arrivo di sei avventurieri delle vicinanze,