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usano di notte accompagnare l’ondeggiamento delle loro amache di paglia; sentivasi soltanto il susurrare del vento tra le foglie, il percuotere dell’acqua sopra i massi e lo stridere del gufo.

Contemplando siffatta solitudine, il fidalgo facea insensibilmente ritorno a quella speranza che poc’anzi gli avea sorriso, e che il suo spirito avea rigettata come una mera illusione.

Tutto infatti pareva indicare che i selvaggi avessero abbandonato il loro campo, lasciandovi soltanto i fuochi che avean servito a rischiarare gli apparecchi di partenza.

Per chiunque conoscesse, come don Antonio, i costumi di quei popoli barbari, e sapesse quanto era attiva, agitata, rumorosa quella vita nomade, il silenzio che regnava sulla sponda del fiume era un segnale certo che gli Aimorè più non istavano colà.

Tuttavia il fidalgo, soverchiamente prudente per fidarsi ad apparenze, avea raccomandato alla sua gente di raddoppiar di vigilanza per evitare qualsivoglia sorpresa.

Non fosse per avventura quella quiete e quella serenità altro che alcuna di quelle calme sinistre, che prenunziano le grandi tempeste, e durante le quali gli elementi paiono concentrare tutte le loro forze per entrare in quella lotta spaventosa che ha per campo di battaglia lo spazio e l’infinito.

Le ore scorrevano silenziose; l’usignuolo cantò