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tata; essa era avvenente e desiderata da tutti i giovani guerrieri della sua tribù; suo padre, il vecchio cacico, l’avea destinata al più valente prigioniero, o al più forte dei vincitori.

Dopo esser rimasta alquanto in quella posizione, la fanciulla avanzossi di nuovo, prese un vase pieno di cauim, e lo presentò a Pery sorridente e quasi supplichevole.

Al gesto di rifiuto fatto dall’Indiano, ella scagliò il vase nel fiume; e raccogliendo sopra le foglie un cardo vermiglio e dolce come un favo di miele, stese la mano e toccò col frutto la bocca del prigioniero.

Pery rigettò il frutto, come avea rigettato il vino, e la vergine selvaggia, scagliandolo alla sua volta nel fiume, accostossi e offerse al prigioniero le sue labbra di corallo, lievemente tese come per ricevere il bacio che domandavano.

L’Indiano chiuse gli occhi e pensò alla sua signora. Elevandosi fino a Cecilia, il suo pensiero scioglievasi dell’involucro terrestre, e spaziava in un’atmosfera pura e scevra da quel fascino dei sensi che rende schiavo l’uomo.

Tuttavia Pery sentiva l’alito ardente della fanciulla che gli cadeva sul volto: aperse a metà gli occhi, e la vide nella stessa posizione, attendendo una carezza, un atto cortese da colui, cui la sua tribù avea comandato di amare, e che già amava spontaneamente.

In quella vita selvaggia, vicina alla natura, ove la convenienza ed i costumi non reprimono