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Pery tornò recando uno dei più vaghi fiori silvestri che trovò nel giardino; era una parassita di velluto, d’un bello scarlatto.

La fanciulla intrecciò il fiore nei capelli, contenta di aver soddisfatto ad un innocente desiderio di Pery, che solo vivea per soddisfare ai suoi; e avviossi alla stanza di sua cugina, occultando il meglio che potè la cassettina di velluto.

Isabella, presa a pretesto un’indisposizione, non avea abbandonato la sua stanza dopo uscita da quella di Cecilia; rammaricavasi d’aver tradito il suo segreto.

Le lagrime che sparse, non furono come quelle di sua cugina, di sollievo e conforto; ma di quelle lagrime ardenti, che invece di refrigerare il cuore, lo bruciano col fuoco della passione.

Talvolta i suoi neri occhi, ancora umidi di pianto, brillavano d’un fulgore straordinario; e pareva che un pensiero, come di delirio, passasse rapidamente nel suo spirito disordinato.

Allora inginocchiavasi, e facea un’orazione, nel mezzo della quale di nuovo le lagrime le scorrevano per le guancie.

Quando Cecilia entrò, stava seduta sulla sponda del letto, mezzo abbandonata sul fianco, cogli occhi rivolti alla finestra, donde vedeasi un lembo di cielo.

Era bella di quella maninconia e languidezza, che prostrava il suo corpo in una specie di incanto seduttore, che facea risaltare le linee armoniche de’ suoi graziosi contorni.