Pagina:Alencar - Il guarany, II, 1864.djvu/73


— 73 —

Infatti che cosa esprime quella catena, che lega i due estremi di tutto ciò che costituisce la vita? Che vuol dire la forza nel colmo della sua potenza, alleata alla fragilità in tutta la sua delicatezza; la bellezza nella sua grazia, che succede ai drammi terribili degli elementi e ai mostri che spaventano; la ricchezza e lo splendore congiunti alla fortezza e all’energia; la morte orribile com’è gioconda la vita?

Non è ciò la poesia? L’uomo che nacque, si dondolò e crebbe in questa culla profumata; nel mezzo di scene tanto diverse, fra il contrasto eterno del sorriso e del pianto, del fiore e dello spino, del miele e del veleno, non è un poeta?

Poeta primitivo canta la natura nello stesso linguaggio della natura; ignaro di ciò che avviene in lui, va a procacciarsi nelle immagini che ha dinanzi agli occhi, l’espressione di quel sentimento vago e indeterminato, onde la sua anima è agitata.

La sua parola è quella che Dio scrisse con quelle lettere, che formano il libro della creazione; è il fiore, il cielo, la luce, il tuono, l’aria, il sole; sublimi dissillabi che le labbra pronunciano sorridendo.

La sua frase scorre come il ruscello che serpeggia tra l’erbe, o slanciasi come il fiume che si precipita dalla cascata; talvolta s’innalza fino alle vette dei monti; tal’altra discende e guizza come l’insetto, sottile, dilicata e graziosa.

Ecco ciò che la decorazione della scena mae-