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poemetto giovanile. 443

Prega ch’io muoia, se la patria muore.
E se pria del tramonto odi a martello
Risonar le campane, e invano attendi
Una novella che di me ti parli,
L’ultimo, o cara, dei consigli accogli....
Io t’aspetto nel cielo.”

                                              “Oh se, la prima
Volta, non piego al tuo voler, perdona;
Nel periglio dei padri, unico in terra
Avvi un loco pei figli e questo è il mio.”

     Ei non rispose; e vôlto al ciel, si strinse
La generosa lungamente al core.
Oh! chi può dire, in quella unica stilla,
Che dal mesto del veglio occhio discese
Sovra le maglie e la fanciulla, quale
Infinito dolor fosse racchiuso?
Stilla, che un cor di martire versava
Sopra il terren del sacrifizio! E pure
Da quell’amplesso, che potea l’estremo
Essere in vita, anco una gioia al forte
Sorrise: chè talora esce da due
Abbracciate sventure una dolcezza!
Del baluardo egli s’affaccia all’orlo,
E fra la polve, che di bianco velo
Del Pedeo la tranquilla onda celava,
Vede giù basso serpeggiar più folte
Le avverse bande; e per la breccia acclive,
Che ad uno ad uno i battaglier caduti
Indifesa lasciâr, silenzïose
Anelando salir.

                             L’ultime appella