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tela; ma essi vòllero piuttosto mutar paese; e il vecchio della tribù venne a deporre umilmente la tela a’ piedi di Tippoo, dicèndogli: — «Sultano, tu vivi come i tuoi padri; lasciaci vìvere come i nostri. »— Una delle tribù eslegi ed estorri sembra quella dei Zìngari, che nel sècolo XIV si trascinò dalle rive dell’Indo sino in Europa, e nella sua dispersione conserva qualche memoria della favella nativa; ma l’assoluta mancanza di nozioni religiose sembra indicare una stirpe rimasa pertinacemente straniera all’educazione bramìnica. La più orrìbile di tutte è la lega delli strangolatori (phansigar, thug), scoperti autenticamente solo nel 1830, e fieramente perseguitati dal capestro britànnico, come quelli che per onorare la nefanda Dea Bhowanie, odiatrice del gènere umano, profèssano l’arte dell’omicidio. Il magistrato stesso che li scoperse, non aveva mai saputo che, pochi passi fuori della sua casa, vi era un principale convegno di codesti scellerati. «Centinaia di viandanti venìvano sotterrati ogni anno nel boschetto di Mundasoor. Tutta una tribù d’omicidi viveva alla mia porta nel casale di Kundelie, mentre io era magistrato della provincia.» — Il loro atroce capo Faringhea dissotterrò sotto la tenda del suo giùdice trèdici cadàveri; e s’offerse a trarne fuori quanti altri ne voleva. Un solo di questi perversi aveva trucidato o strangolato 719 vìttime, e gemeva di non poter còmpiere il nùmero di mille1. — Forse la prima orìgine di questi orrori fu nella diuturna lutta che le antiche genti oppòsero all’artificioso predominio d’una setta straniera. Nessuno può narrare tutti i secreti d’un pòpolo immenso, in cui da migliaia d’anni ogni cosa divenne tradizione secreta di famiglie disgiunte e chiuse.

La setta bramìnica scese dalli altipiani fra settentrione e occidente, portando seco la lingua, la scrittura e la legge della sua patria, il còdice di Manù. Ma il testo di questa legge da un lato ammette l’òrdine delli schiavi, dall’altro dichiara che « la terra coltivata appartiene a colùi che primo estirpò la foresta, come la belva è del cacciatore che la ferì a morte; » e attri-

  1. Warren I. 386.