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64 IL ROMANZERO

le desse uno sposo come per rìdersi di lei; e gli dimanda quale legge di Dio gl'insegna:

Tanta stagione a scompagnar gli sposo,
Producendo le guerre? E quan consente
Ragion, che un dolce, graziato, umile
Garzontetto adusiate esser leone
Feroce? Giorno e notte ov'evvi a grado
Col guinzaglio il traete, e in tutto un anno
Solo una volta a me il sciogliete. E pure
Quest'una volta ei riede a me sì lordo
Di sangue, fino al piè del suo cavallo,
Che ho paura a vederlo. E quando tocca
Le mie braccia, di botto egli in mie braccia
S'addorme, e in sonno geme, e fieramente
Si scuote, perchè sogna essere in guerra.
Appena spunta l'albra, e già le scolte
E i capitani, perchè rieda al campo,
Stimolando lo vanno. A voi piangendo
Nella mia trista vedovanza il chiesi,
Pensando riaver padre e marito.
Nè tengo l'un, nè l'altro aggiungo; e quando
Non posseggo altro bene, oc ch'ei mi venne
Per voi rapito, in guisa vivo il piango
Come fosse sepolto

Trad. di P. Monti 77.

Questo lagno di Ximena spira omèrica naturalezza, evidenza e semplicità. La risposta di Fernando è pinea di festività e di garbo cortigiano.

Ximena divenuta madre si presenta alla messa del parto nella chiesa di Leone, seguita da eleganti scudieri, vestita di scarlatto e di velluto, con ricca cintura d'argento, e veli d'alto prezzo, e inanellate le chiome sulle spalle. Il re Ferdinando s'avviene in lei sulla soglie del tempio, e le porge la mano, e le dice: «Gentile Ximena, poichè il vostro marito, che sta fra le battaglie, oggi non può servirvi del suo braccio alla chiesa, io vi