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partite secondo la direzione di una spira, talvolta alquanto discoste e manifestamente staccate, tal altra così vicine e rinserrate tra di loro, che pajono formare un sol corpo. Quando le squame che compongono i frutti sono poco numerose, questi anzichè la figura di un cono, hanno quella di una sfera traente al rotondo. Tale è il galbolo del cipresso. Le sue squame, da bel principio carnose, a mano a mano disseccano e si diradano, finchè mature appajono al tutto separate. In alcuni casi, come per esempio nel ginepro, le squame crescendo d’età non solo ingrossano ognor più e divengono carnose, ma fanno appicco tra loro sì, che il frutto rende imagine di una bacca. Lo diciamo allora coccola. Nel nasso e negli altri generi, che dicemmo affini al medesimo, quella tal maniera d’inviluppo o di cupola, ond’era nel fiore contornato ogni ovetto, ingrossa a segno di formare intorno al seme un corpo carnoso, che fa le veci di pericarpo.

I semi, che nelle conifere, rigorosamente parlando, ponno dirsi nudi, risultano di un embrione di quasi cilindrica forma, il quale spesso è fornito di più che due lobi seminali (pei pini se ne contano 6, 9, e perfino 15), e di un albume carnoso ed oleoso, che a quello sta d’attorno.

Anche la struttura degli organi della vegetazione nelle conifere è degna di particolare attenzione per una cotale semplicità di composizione, che saremmo ben lungi dall’aspettarci in esseri così