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mamente di quelle, che, divelte a forza dal suolo nativo, vengono obbligate a vivere stentatamente nelle nostre serre, sia natura o caso, non importa, restano sterili sempre. Usavi pure intorno ogni diligenza, accarezzale con amore quanto si può, tanto fa, ricusano ostinate di darti alcun fiore, o se ne recano alcuno, questo non viene a perfetto sviluppo, e cade ben presto infecondo e disutile. Simile all’esule, che ramingo in straniera terra, nè per benignità di cielo, nè per ricchezza e ubertà di suolo, nè per cortesi accoglienze di ospiti generosi confortato, perde lontano dalla patria il naturale vigore, e lentamente si consuma inoperoso impotente.

Se, come dicemmo, l’apparizione dei fiori sulla pianta d’ordinario risponde a certi tempi, a certe epoche dell’anno, l’aprirsi e il chiudersi di alcuni di essi si alterna con vicenda non meno regolare nelle diverse ore del giorno. Di quì l’ingegnosa idea di Linneo di formarsi un orologio di Flora, come si era fatto un calendario. Considerando i fiori da tale aspetto il naturalista svedese (dice Darwin) li divide in meteorici, che si allargano senza norma costante di tempo, or più presto or più tardi, secondo lo stato umido o secco dell’atmosfera; in fiori tropici, che si aprono al mattino, e chiudonsi avanti sera ogni giorno di guisa però, che l’ora di allargarsi giunge per essi più tempestiva, o più tarda secondo che cresce, o diminuisce