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vivo biancheggianti di neve, e la luna tonda e rossa che si solleva su i pini, e le foreste che ondeggiano quetamente. Ed egli era uso andare fuori nella campagna, e leggere nei libri, ponendosi a riposare sotto qualche albero. Imperciocchè aveva un desiderio vivissimo di gloria, che non manifestava tanto in parole, quanto nei pertinaci studii; e certo avrebbe ottenuto lode, se la sua vita non era troncata nel fiore della giovinezza e nel meglio delle sue aspettazioni.

Alla sua fine fecero miserabile preludio le morti di molti suoi cari, tutti nella prima età, per una malattia lenta, la quale quasi aspettava che quelle persone giungessero a giovinezza per levarle dal mondo. Vide morire molti fratelli e sorelle, ma senza mai piangere; solo quella naturale vispezza gli si mutò in un tale abbattimento di animo, come se presentisse in cuor suo che di là a non molto l’aspettava la medesima sorte. Nè s’ingannò: era nei venticinque anni e gli sopravvenne la tisi. Allora la Calabria invaghita di libertà s’era levata in arme; i giovani a drappelli, con le bandiere de’ nativi villaggi, cantando, traevano su i monti, volenterosi di