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messe al sole senza che il conflitto avvenisse. Per poco il curato non imbaldanziva; non gli pareva più tanto difficile navigare in buone acque fino ai Santi, il tempo in cui il bravo ingegnere e la sua ottima signora se n’andrebbero, grazie a Dio, di villa in città.

Ma egli non pensava a San Michele, che viene ai 29 di settembre; o meglio, non prevedeva che dovesse recargli noie proprio la maggior festa della parrocchia. Quell’anno non era stata scelta alla Ca’ scura che la priora; e rettora sarebbe la moglie d’un fittavolo. La signora Stoia non avrebbe perciò ragione di gelosia.

Quando, una mattina, l’ingegnere così bravo ma così petulante, venne in canonica, ed entrato nel discorso della prossima festa, espose chiaro e tondo il desiderio che la processione si recasse all’oratorio da lui fatto restaurare; come a dire che San Michele facesse una visita a Sant’Anna.

A che il parroco, tendendo la testa e gli occhi quale un cavallo che adombri, esclamò in quella sua maniera un po’ rude:

— Impossibile! Questo, signore, è impossibile!

Di consuetudine, la processione calando dalla chiesa prendeva una viottola a bivio con la strada comunale (con la strada appunto che conduceva al Palazzetto) e saliva fino a un olmo, le cui fronde composte in cupola facevan da tempio a una Madonnina in voce di miraco-