Pagina:Albertazzi - Novelle umoristiche.djvu/268

254 l'agnello

lui. — Se l’adulterio apparisse non una desiderabile offesa alle leggi, ma una cattiva azione, una crudeltà, egli, per star meglio, avrebbe compiuto fino il sacrificio di sposare una ricca, e non si sarebbe adirato nemmeno col Governo, nè rattristato alla fatalità del dolore umano. Questo, è vero, l’induceva a frequenti sfoghi di versi. Ma a che pro’? Gli editori non credono più nei poeti, e le ragazze, corrotte e senza cuore, alla malinconia preferiscono stare allegre.

🟌

Quella sera dunque Biscaglia era entrato alla festa, solo, con un solo biglietto per la lotteria, non aspettandosi uno spettacolo che lo commovesse così dolcemente: la creatura nel cesto e la creatura che stava a guardarla. Nessuna, nessun’altra di tante signore e signorine che vi erano, si era fermata compassionando dinanzi all’agnello. Tutte agognavano i premi di gran prezzo; tutte, tranne quella madre e quella figlia, civettavano intorno, stupide di mente e di cuore.

— Poverino! Vedi, mamma, com’è carino, com’è bellino? — E poichè anche la madre disse: — Povera bestiola! — , fu manifesta una affinità di sentire tra l’animo materno e il figliale e fu certo per Biscaglia che chi meritasse la pietà della madre meriterebbe anche la pietà della figlia o viceversa.