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196 la fortuna di un uomo

dell’isterica donna, con la intollerabile intolleranza d’ogni cosa, d’ogni persona; nessuno al mondo avrebbe saputo da che lato prenderla. Non poteva soffrire neanche le persone che avessero avuta qualche somiglianza di gusti con lei.

Infatti una volta all’Eden, ove egli si divagava ma si annoiava Erminia, Gaspare scorse, non più rivisto da anni, il più caro compagno e più allegro amico della prima giovinezza: Gino Monarchi, un pittore già in fama a Parigi; e benchè ricordasse il consiglio dello zio «Sta lontano agli artisti» (il povero zio l’aveva anche esortato ad ammogliarsi!), egli lo chiamò:

— Ehi, Monarchi!

— Oh! Chi vedo!... Bicci!

— Tu, qua?

— Tu, qui?

A un abbraccio cordiale e a baci fraterni tenne dietro la presentazione della signora.

Il Monarchi era un bel giovane; forse troppo elegante, con la caramella all’occhio destro e copiosi capelli alla simbolista; ma un parlatore delizioso, un osservatore arguto. Parlò d’arte, di Parigi, fino d’Orvieto. «Erminia ne resterà contenta» pensava Gaspare. Invece, chi lo crederebbe?, quando se ne fu andato Erminia disse:

— Mi è molto antipatico, il tuo amico! Se verrà a trovarmi prima di partire, farò dirgli che non sono in casa.