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la fortuna di un uomo 143

impiego; ma non lo cercò, avendo modo di vivere modestamente, di leggere romanzi, disegnare, dipingere alla meglio, suonare alla peggio il pianoforte e andare a spasso: di vivere, insomma, senza far nulla. Nè si ammalò lui.

Una sera lo zio Giorgio venne a casa male in gambe, e con un gran freddo addosso.

III.

La malattia dello zio Giorgio fu breve, forse perchè non ne aveva avute altre mai in vita sua.

Sentendo irreparabile il danno del morbo e prossima l’ora, parlò al nipote con la serenità d’un savio antico. E disse:

— Un savio ti esorterebbe a vivere secondo il suo esempio; io, al contrario, non so proprio che consigli darti.

Disse Gaspare:

— Ci penserai quando sarai guarito. Adesso sta tranquillo.

Ma l’infermo, volgendogli uno sguardo in cui languiva il sorriso abituale:

— Credi che io abbia paura della morte? No no. Muoio volentieri: rerum novarum cupiditate. E poi, son convinto di aver già sofferto abbastanza.