Pagina:Albertazzi - Novelle umoristiche.djvu/112

98 dall'eldorado


— Al ladro! al ladro!

Ma anche il ladro non c’era più. Accorrevano il proprietario dell’albergo, e camerieri, cittadini e forestieri; interrogavano tutti in una volta Edon, il quale si stringeva, sorridendo, nelle spalle; interrogavano Polla che rispondeva con rotte parole:

— La nostra cassaforte!... Questa notte c’era.... Pigliatelo! Pigliatelo! Poveretto me!

Fin le guardie vennero.

Queste, non essendo presente il ladro, esortarono Polla d’accompagnarle in questura; a che egli accondiscese volentieri per timore che non arrestassero lui. E quando tornò, apparve disperato più di prima.

— Ci s’immischia la Pubblica sicurezza — lamentava. — Addio pietre! addio ladri!

A tanta disperazione, rispose Edon:

— Poco male, amico! Anzi un bene; ora per vivere dovremo lavorare! dovremo combattere! Coraggio!... Ora noi vivremo davvero!

In tal guisa fu dato l’ultimo strappo alla pazienza di Polla. Certo che la cassaforte non sarebbe stata ricuperata mai più, egli parlò con sfogo veemente, con sollievo come da un peso; parlò da fiero nemico e vendicatore solenne; da oratore popolare: parlò inoltre con eleganza, per superare Edon che ormai parlava meglio d’un accademico.

— Sciagurato! Stolto! Sappi che qui, in questo mondo civile che tu vedi così bello, qui dove