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Scacciò il sacro figliuol l’antico padre,
Tutto in un punto si rivolse il mondo;
E come esser solea per tutto eguale,
Intra cinque confin diviso il feo.
320Ai duoi più lunge e che più in alto stanno,
E più veggion vicin l’un polo e l’altro,
Sì la strada del Sol lontano pose,
Che di nebbia e di giel son preda eterna.
Quel ch’in mezzo restò, sì sopra scorge
325Il bel carro di Febo e i suoi destrieri,
Che non può sostener la luce e ’l foco.
L’altre due parti a cui più visse amico,
Infra ’l mezzo e l’estremo in guisa accolse,
Che le nevi, il calor, la notte e ’l giorno
330Non pon loro, alternando, oltraggio fare.
A noi diede il veder l’Orse e Boote
Che non si attuffa in mar, ma intorno gira
Sopra i monti Rifei, dal freddo Scita,
Ove pose Aquilon l’altero seggio.
335L’altro, di tutto il ciel sostegno fisso,
Sotto il nostro terren s’asconde in loco
Ove sol pare a chi gelato e secco
Può ben l’austro sentir, ch’a noi fa pioggia.
Quinci adunque ci pose; e tolse Giove
340Quella prima dolcezza e quella pace,
In cui senza affannar vivea ciascuno
Mentre il vecchio Saturno il regno avea: