Pagina:Acri - Volgarizzamenti da Platone.djvu/65


65

E che? le altre cose havvi modo come possano essere a esso qualche cosa, se nulla dappertutto bisogna sia a esso? Non havvi. E per questo, le altre cose non sono simili a esso, nè dissimili; non medesime, nè diverse. No, per certo. E che? al non ente uno, s’egli non è, havvi alcuna di queste locuzioni che se gli convenga, come a dire: di quello, a quello, qualcosa, questo, di questo, di altro, ad altro, una volta, dipoi, ora; ovvero scienza, opinione, sensazione, nome, o che altro vogli proprio degli enti? Non havvi. E siffattamente, l’uno non essendo, non è in qual si sia forma. Così pare.

Ancor diciamo l’uno se non è, le altre cose che abbiano a patire. Diciamo. Bisogna ch’esse siano altre; laddove non fossero tali, non sovra dell’altre cose si terrebbe il ragionamento. Egli è vero. E se il discorso è sovra le altre cose, esse sono diverse; o non di’ tu per una medesima cosa le parole altro e diverso? Sì io. E diciamo che il diverso, è diverso da un diverso; e che l’altro, è altro da un altro? Sì. Adunque se le altre cose hanno a essere altre, ci vuol esser cosa della quale siano altre. Necessariamente. Ma qual’è mai? dappoi ch’esse non sono altre dall’uno, perciocchè l’uno non è. Non è. Dunque sono altre infra loro; questo rimane solamente, ovvero che non abbiano a essere altre da checchesia. Dirittamente. Onde, le altre cose sono altre iscambievolmente, secondo moltitudini; poi che secondo uno non potrebbero, conciossiachè l’uno non sia. E ciascun mucchio di esse, come sembra, è interminato di moltitudine; avvegnachè, se persona pigli la cosa