Pagina:Abissinia, giornale di un viaggio di Pippo Vigoni, Milano, Hoepli, 1881.djvu/277


Capitolo decimo. 197

scorre acqua: i secondarii servono nei casi di grandi piene. Dal lato dell’Amara è l’abitazione di un guardiano che non ne permette il passaggio a chi non è munito di speciale permesso del re. Non volle lasciarci piantare la tenda, per cui ripassammo l’ultima altura per andarci ad accampare ad un paio d’ore di distanza.

Il venerdì restiamo qui fermi, e Ferrari in un giro di caccia trova ad ammirare una stupenda cascata del Nilo poco superiormente al ponte. Io non mi sento la forza d’andarvi, e tento invece un rimedio preparatomi da un soldato con radici essicate e polverizzate, quindi impastate con burro. Copertane la parte ammalata, dopo un paio d’ore mi cessano i dolori, posso riposare la notte, e in poco tempo il taglio da me fatto si è di molto allargato e due nuove aperture laterali si sono formate. Il povero dito è spaventoso, rassomiglia un cavolfiore, ma io sento sollievo, non penso tanto all’avvenire, e mi par rinascere per ora a nuova vita.

Per qualche giorno proseguiamo a piccole tappe, per non stancarmi troppo, e senza notevoli incidenti, tranne fortissimi acquazzoni contro i quali non ci sono coperture nè tende che tengano, e una gherminella delle guide che invece di farci tenere la via più breve come era nostro desiderio, ci fanno deviare per passare da un capo villaggio che aveva loro promesso abbondante tecc. Si percorrono sentieri impossibili attraverso campi e boschi: la natura abbastanza grandiosa e selvaggia: spesso alture coronate da folto verde fra cui giganteggiano le tuje, indizio che vi nascondono qualche chiesa in cui i preti si beano nel far niente, vivendo alle spalle dei poveri contadini. Al famoso villaggio cui tanto tenevano le nostre guide troviamo il capo assente, ma l’invisibile consorte ci usa ogni cordialità, destinandoci un buon tucul e regalandoci di tecc, uova, latte, galline.