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zava sobrio ed austero: studiava, sperava ed amava: la scienza, la rivoluzione, sua madre e Bianca, erano i suoi amori. Di questa, in tutto il tempo che mancava da D...., non aveva avuto nè chieste novelle; non volendo risicare la ricca illusione, per sapere cose che, delle due l’una, o erano conformi a quella, o tali da struggerla tutta. Pure gli incontrava sovente di non si poter levare dal cuore una mestizia, che gli recava in malaugurio ogni cosa. Il parentado con Bianca gli pareva stornato da lunga pezza; immaginava che l’Alemanno l’avesse sposata in quei mesi, o fosse lì per isposarla; voci misteriose lo ammonivano dal fondo del cuore; di pensiero in pensiero, di dubbio in dubbio, andava tant’oltre che vedeva il corteo nuziale, l’altare, il frate, i due felici sorridentisi alla balaustrata della chiesa di C.... là dove fin dai primi anni che aveva vista Bianca, egli s’era messo a sognare d’inginocchiarsi con essa, a darle l’anello.

Se ne sentiva al cuore un dolor di morte; ma subito il dolersi, il piangere, gli parevano uno sfogo dei dappochi, e gli balenava l’idea del ritorno improvviso. Tornare, sì, a casa; correre a C..., scendere dal signor Fedele, e sposa o no, portarsi via Bianca. Ma.... «se fosse già di quell’altro» gli chiedevano quelle voci misteriose; «se la fortuna ti pigliasse a gabbo, così che tu capitassi laggiù proprio a vederli in chiesa, a udirli dire di sì...» Allora gli si levava dentro un fiotto d’ira, e sin che non gli suonassero nella memoria le promesse di Bianca, portategli da sua madre quando era stata a C... in quelle vacanze di Pasqua, meditava cose lugubri. Tornata la calma, ripigliava lena a studiare; affrettava coi voti il giorno in cui sarebbe partito da Torino colla sua pergamena da dottore in saccoccia; gli bisognavano poco più che due mesi, e poi il signor Fedele e il suo Alemanno l’avrebbero visto.

Con questo frequente mutarsi di timori, di dubbi e di speranze, viveva e scriveva a casa ogni quindici dì, quando la posta correva; e tra bene e male veniva an-