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che cinto la copriva fin dietro le anche; poi aggiunto un fazzoletto da capo stampato d’alberi e d’uccelli, e gli scarponcini da festa; di tutto fece un fagottino, aggruppò in croce le becche del fazzoletto, e buttò giù dalla finestra dietro la casuccia, in un orticello. Discese, scantonò non vista, raccolse il fardelletto, attraversò un vicolo, e fu sulla via che lungo la ripa del torrente, menava a seconda dell’acque. Era quella presa da suo padre due mesi innanzi, quando aveva accompagnato il signorino; e una volta in viaggio essa aveva inteso dire assai volte, che per chi ha la lingua in bocca ogni via va a Roma. Molti che tornavano dai campi, o che già cenavano sulle soglie delle loro casette, la videro passare; ma come erano usi a non le abbadare, così non fu chiesta da nessuno, che cercasse o dove corresse.

In casa sua l’attendevano a cena; e sulla madia finiva di fumare raffreddandosi la sua scodella di minestra; quando Rocco levando il capo, e stando per imboccare l’ultima cucchiaiata, pose gli occhi in quegli della sua donna, e le chiese: «e Tecla?»

«Chi lo sa dov’è? — rispose la moglie — ora che impara a leggere, non la si può più comandare....!

«Vai a vedere dalla signora padrona! — gridò Rocco irato ad uno dei figliuoli: e questi andato, tornò subito portando che di là Tecla era uscita da un pezzo. Allora la donna, si fece sulla porta, e colla voce più acuta che potè chiamò: «Tecla! Tecla!» tre o quatto volte. I più discoli della ragazzaglia che ruzzava nel vicolo, risposero per beffa imitando la voce della fanciulla; e la donna ingiuriandoli in cuor suo proseguiva a chiamare. Ma Tecla di qua, Tecla di là, questa non si faceva viva; ond’essa salì a veder nelle camere, e trovato che di sulla stanga era stata tolta la veste cogli altri panni della figliuola; tornò giù così in furia, che manco non vide la scala, e piantatasi di faccia al suo uomo, gli disse sgomenta: «Tecla è fuggita!»

Rocco balzò ritto, e ruppe a quella nuova in certe paro-