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ciro di pers 373

XX

IL TERREMOTO

     Deh, qual possente man con forze ignote
il terreno a crollar sí spesso riede?
Non è chiuso vapor, come altri crede,
né sognato tridente il suol percuote.
     Certo, la terra si risente e scuote
perché del peccator l’aggrava il piede,
e i nostri corpi impazïente chiede
per riempir le sue spelonche vote.
     È linguaggio del ciel che ne riprende
il turbo, il tuono, il fulmine, il baleno;
or parla anco la terra in note orrende,
     perché l’uom, ch’esser vuol tutto terreno,
né del cielo il parlar straniero intende,
il parlar della terra intenda almeno.

XXI

PER UNA NIPOTINA DELL’AUTORE

la quale visse pochi giorni

     Fortunata fanciulla, al ciel nascesti
non alla terra, e non ti fu immatura
l’ora fatal che dei tesor celesti
e dell’eterno ben ti fe’ sicura.
     Tu breve il corso della morte avesti,
che con lungo penare altri misura;
la frale umanitá poco piangesti,
poco spirasti di quest’aria impura.
     Chi solca il mar del mondo ogn’or aduna
maggior peso di colpa, e ’l cammin torto
sul tardi dell’etá vie piú s’imbruna.
     Vïaggio avesti tu spedito e corto;
navicella gentil fu la tua cuna,
che ti sbarcò del paradiso al porto.