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114 lirici marinisti

XVIII

A MARIO ALBRICCI FARNESE

Per le conclusioni da lui sostenute

     In pacifico agon Mario contende
con chi provar ne le dott’armi il vuole;
da mille colpi arguti ei si difende
con iscudo fatal d’alte parole.
     Da lui nov’arti e novi schermi apprende
il fior de’ fior de le piú sagge scole;
discepola giá fatta, intenta pende
dal discepolo suo l’Ignazia prole.
     Stupisce il cerchio universal latino
ch’ei mostri ingegno intrepido e costante,
in sí tenera etá sí pellegrino.
     Formar poi s’ode un suon per l’aria errante:
— Senno star non dovea se non divino
sotto divino angelico sembiante. —

XIX

I SEPOLCRI DEL SANNAZARO E DI VIRGILIO

     Non perché le tue falde il bel Tirreno
baci con labra di spumosi argenti;
non perché voli ogn’or ne’ Siri ardenti
freschissim’aura a vezzeggiarti in seno;
     non perché sempre il tuo bel colle ameno
smaltin foglie odorate, erbe ridenti;
ne le future etá, ne le presenti
n’andrai, ne vai di pregi ricca a pieno:
     ma perché ’l cener sacro il gran Sincero,
Mergellina gentile, in te nasconde,
l’ossa in te chiude il mantuano Omero.
     Anzi l’inde, oso dir, le maure sponde
onor non han di quell’onor piú altero,
di cui son due brev’urne a te feconde.