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faranno questi suoi parenti nuovamente incappellati, quali, per conto del sangue, si crede abbino a potere piú delli altri. Ma, se sará vero, come si dice, che voglia dare il timone in mano al reverendissimo Morone, e che a questo effetto dia tanta pressa a questi reverendissimi inquisitori per l’espedizione della sua causa, che non li lassi respirare, non si ha da dubitare che Sua Signoria reverendissima sia per governare talmente questa barca, che, non ostante qualsivoglia borrasca, sia per condursi felicemente in porto. Io ho visto giá due volte il signor Mario, e, benché siamo stati almeno due ore per volta insieme, con tanto gusto e satisfazione di amendue quanto Vostra Signoria si può immaginare, non è però scemata in noi la sete di ragionar e conferir insieme de’ nostri travagli passati e de’ desegni della vita futura. Ho anche preso non poco conforto di riveder quel povero vescovo, che fu giá tanto carezzato e beneficato da Vostra Signoria per amor mio, il qual si trova nel medesimo grado che il signor Mario quanto all’espedizione delle cose sue; e mi ha pregato strettamente ch’io baci le mani a Vostra Signoria in nome suo, facendoli fede che è grato con l’animo e con l’orazioni, non potendo con altro, del ben che ha recevuto dalla caritá e cortesia sua. Con che, facendo fine, a Vostra Signoria quanto piú posso cordialmente mi raccomando, per pregarli sanitá e contentezza. Roma, 4 febbraio 1560.