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Il titolo del libro mi fu suggerito dall’espressione, con la quale costantemente i canterini esaltano la bellezza della loro fonte: «un libro che mi par degli altri il fiore», e da due versi della Reina d’Oriente : e priego voi che ciaschedun m’intenda, però che questo è’l fior della leggenda. Se non che «fiore» non ha, nel frontespizio del presente volume, il medesimo significato che nell’ottava, ma quello di «fiorita», di «scelta», che gli è comune nella letteratura antica, la quale ci ha dato, ad esempio, il Fiore dei filosofi e i Fioretti di san Francesco. Quanto alla metrica, ho tolto le ipermetrie dovute alla scrit- tura antica, che rispettava le vocali finali soppresse nel verso, e alle rappezzature dei copisti ; ma ho serbato in molti luoghi la dia- lefe, specialmente dopo le parole tronche, perché essa è un vezzo costante della poesia popolare e, d’altra parte, si trova qualche volta anche nella poesia d’arte e nelle scritture solenni dei primi se- coli. Per la grafia, mi sono attenuto ai criteri di questa raccolta: ho quindi tolti i raddoppiamenti iniziali toscani («cheppiú», «affare», «addire», ecc.), scritto «e» o «ed» e «a» o «ad» (i mss. hanno costantemente «et», «ad») a seconda delle esigenze del verso, e via discorrendo. Qua e lá ho soppresso o aggiunto qualche parola o sillaba, come specificherò nelle note che seguono. Nelle quali renderò conto anche delle varianti non meramente formali (ri. Pur- troppo esse sono moltissime ; ma di ciò non stupirá chi pensi che questi cantári, in luogo di avere una tradizione tranquilla di fa- miglie di mss., erano affidati al capriccio e alla memoria dei can- tastorie. Si aggiunga che essi non lasciavano inerte (come un libro dottrinale) la fantasia dei copisti. Ogni copista, poiché scriveva per sé e non per gli altri, si tramutava volentieri da trascrittore in rifacitore. E spesso le varianti, che siamo costretti a respin- gere perché appartenenti a codd. piú incerti e malfidi, sono belle e ingegnose al pari e piú delle legittime. (i) Racchiudo tra parentesi quadre le sillabe e le parole aggiunte da me, tra parentesi tonde quelle soppresse.