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438 i bernardi

          loro incontro; e vediam se ei fa ’l simile
          che dianzi.
          Giulio. Non dubitar, ch’el mie’ suocero
          la piglierá per noi.
          Bernardo. Ben: io non dubito.
          Fazio. Voi siate e’ ben trovati. Io scusomi
          con ciaschedun di voi; che, credendomi
          una cosa per un’altra, offesivi
          oggi, e non poco, certo. Perdonatemi.
          Chi è uomo erra.
          Giulio. Non bisogna, Fazio,
          far queste scuse meco. Poteatemi
          dir ciò che voleate.
          Bernardo. Ed io perdonovi
          e vi ho per scusato; ma con patto
          mi liberiate dagli Otto e bastivi
          aver avuti e’ mie’ danar.
          Fazio. Saranno vi
          i danar vostri renduti; e all’uficio
          degli Otto non penso sia necessario
          comparir, sendo d’accordo.
          Noferi. Anzi, piacemi
          che vi si vadia e tutt’el caso narrisi;
          ed, alla prima, ognun di voi fia libero.
          Fazio. Cosí faremo.
          Bernardo. Io al vostro consiglio
          m’atterrò sempre.
          Fazio. E a te, per non essere
          ingrato de’ servigi da te fattimi,
          Giulio, mi son pur or disposto d’essere
          vostro parente. Digli il resto, Noferi.
          Noferi. Fazio è contento ch’el suo figliuolo Albizo
          sposi la tua sorella.
          Giulio. I’ vi ringrazio
          assai.
          Fazio. Buon prò ci faccia.