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spagnuolo e prologo 27


Messer Giannino. No, dico: non m’hai inteso? Oh Dio! Mi sento consumare.

Agnoletta. Vorrete questa ventura, quando non la potrete piú avere.

Messer Giannino. Uh! Ci è ’l gran caldo!

Agnoletta. È amato da la piú bella, da la piú gentile giovene di questa terra, e fassi beffe de la porrata! Ditemi un poco: e come le vorresti le donne, voi? Costei è bella, nobile, giovene di sedici anni, gentile, liberale, costumata, morbida, bianca, soda, dilicata, pastosa, bella persona, buon fiato, appetitosa, che si tengon beati infiniti in questa cittá pur di vederla; e, ch’è piú, v’ama tanto che questo solo dovrebbe esser bastante a farvene innamorare.

Messer Giannino. S’io riguardasse a costei, non trovarei Vergilio.

Agnoletta. Ah messer Giannino! Non vi partite ancora. Odite un poco. Non vogliate esser cagion de la morte d’una povera giovene che v’ama tanto.

Messer Giannino. Se tu mi vien drieto, Agnoletta, mi farai far qualche pazzia.

Agnoletta. Orsú! Io veggo ch’io v’ho còlto in mala disposizione. Vo’ lassarvi andare.

Messer Giannino. Sempre mi tro varai in questa medesima.

Agnoletta. Ricordatevi che voi ve ne pentirete.

SCENA XI

Agnoletta sola.

«Tardi cornò Orlando», soleva dir la buona memoria de la mia comare quando si ricordava del tempo perso. Cosí dirá questo superbo di messer Giannino quando gli ará passato quel fior de la gioventú che tanto val ne l’amore e, facendoli le donne mazzuola, si ricorderá di questa bella ventura che gli scappa da le mani e non potrá piú tornare. Oh! Se questi