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atto quinto 155


Rufino... per non la vedere, solo per far dispetto a chi ne era stato cagione ch’egli l’avessi sposata. Ma la buona moglie, si come la necessitá suol fare astuti e scaltriti li uomini..., Repetitore. Cosí è, per Dio.

Rufino... venutagli dietro in Roma, in un monasterio di sante donne per insino al giorno de oggi è dimorata; indi tanto e’ modi e ’l vivere del marito investigando è andata che, dello amor suo accortasi, ha saputo si fare che sconosciutamente si è colcata con esso lui in casa de questa buona donna.

Repetitore. Bonum! Prosit.

Rufino. E, nel mezzo delli assalti d’amore, io, che dinanzi all’uscio della camera stavo a giacere, sentei un derotto pianto; e il patrone, con preghiere, con lusinghe, con sconiuri, sentivo che la cagione di ciò li adimandava. Ed eccoti, in questo, venire madonna Iulia con la sua serva e con el lume in mano; e, chiamatomi, mi dice: — Sta’ sii, ch’io voglio che tu veghi stanotte cosa che te piacerá. —

Repetitore. Non piacerá giá al precettore.

Rufino. Cosi, vestitomi, entrai seco in camera: ove ella, chiamato per nome el patrone, gli disse ch’ella era per contentarlo di molto piú che lui non li avea saputo adimandare.

Repetitore. Costui è molto loquace persona.

Rufino. Cosí la giovane, ch ’insino allora avea tenuta seco nel letto e per buona pezza sollazzatosi con esso lei, si era levata e, gittatosi sopra della camiscia un camorrino, compari dinanzi a lui ch ’a parlare con madonna Iulia posto si era. Ma non si tosto egli la vide che, tutto smarrito, gridò: — Oh consorte mia! — Repetitore. El resto potemo pensare le Signorie Nostre.

Rufino. Ed ella, gittatasegli ai piedi con un coltello in mano, pregavalo che piú tosto che della assenzia sua della vita privar la volessi.

Repetitore. Buona nova deveno avere costoro.

Rufino. Quivi sopragiunse la serva. E, ricominciato a pregare da capo, tanto ferno ch’il patrone, ch’immobile stava e a pena gli occhi pregni di lacrime da dosso levar gli poteva, quasi