Opere minori (Ariosto)/Rime varie/Sonetto VI

Sonetto VI

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Sonetto VI.


     La rete fu di queste fila d’oro,1
In che il mio pensier vago intricò l’ale,
E queste ciglia l’arco, e ’l guardo strale,
4E ’l feritor questi begli occhi fôro.
     Io son ferito, io son prigion per loro;
La piaga è in mezzo il cor aspra e mortale;
La prigion forte: e pur, in tanto male,
8E chi ferimmi e chi mi prese adoro.
     Per la dolce cagion del languir mio,
O del morir, se potrà tanto il duolo,
11Languendo godo e di morir disio;
     Pur ch’ella, non sapendo il piacer ch’io
Del languir m’abbia o del morir, d’un solo
14Sospir mi degni, o d’altro affetto pio.


Note

  1. Il Baruffaldi crede questo e il seguente Sonetto, con altri ancora, allusivi alla bionda e bella chioma di Alessandra Benucci.