latino

Origene III secolo XIV secolo Iacopo Passavanti Indice:Specchio di vera penitenza.djvu storia letteratura Omelia d'Origene Intestazione 11 gennaio 2023 100% Storia

Traduzione dal latino di Iacopo Passavanti (XIV secolo)
III secolo
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OMELIA D’ORIGENE


volgarizzamento attribuito a frate iacopo passavanti.






lectio sancti evangelii secundum ioannem

In illo tempore Maria stabat ad monumentum foris plorans. Dum ergo fleret, inclinavit se, et prospexit in monumento. Et reliqua.


Abbiendo a parlare nella presente solennità agli orecchi della vostra carità, dilettissimi miei fratelli, sì mi venne in memoria l’amore per lo quale la beata Maria Maddalena amando Gesù Cristo sopra ogni cosa, andando egli alla passione, sì ’l seguitava, quando i Discepoli per paura fuggivano; e accesa del vero suo amore, ardendo di smisurato affetto e piangendo sanza rimedio, non si partiva dal monimento, anzi stava ivi fuori e piagneva. Abbiamo udito, fratelli miei, che Maria stava fuori del monimento, ed inteso abbiamo ch’ella piagneva. Veggiamo la cagione per che ella vi stava, e veggiamo, se possiamo, perchè lamentava. Facciaci pro lo suo stare, e utilità ci sia il suo lamentare. Certo il suo ardente amore la vi faceva stare, e ’l gran dolore la faceva lamentare. Stava e guatava e contemplava se per ventura esser potesse di vedere colui ch’ella amava e ’l quale sopra ogni cosa desiderava. Piagneva e lamentavasi perchè lui non trovava, e pensava che le fosse tolto colui il quale ella addomandava; e ’l dolore suo era rinnovellato, imperò ch’ella vedea tolto il suo diletto, ch’ella avea pianto morto. E questo dolore era incomportabile, imperò che non avea rimedio di niuna consolazione. La sua morte era stata cagione di dolore; ma alcuna consolazione avea, imperò che ’l si credea tenere [p. 360 modifica]almeno così morto. Ma di questo dolore consolare non si potea; imperò che almeno il corpo di messer Gesù Cristo trovar non potea. E non trovandolo, temea che l’amore del diletto suo Maestro non raffreddasse nel cuor suo; il quale amore, possendolo vedere, infiammerebbe. Era venuta la beata Maddalena al monumento, ed avea portato seco prezioso unguento, con altre preziose e odorifere spezie, le quali ella avea sollecitamente apparecchiate per ugnere il corpo del suo dolce Maestro morto, com’ella gli avea unti i piedi, essendo lui vivo. E com’ella gli avea lavati prima i piedi di lagrime, così gli volea ora bagnare il corpo di lagrime. Avea prima pianto della sua morte; ora veniva a bagnare il monumento di lagrime per la morte del suo Maestro. E non trovando il corpo nel monumento, la fatica dell’unguento non potè usare, ma il dolore del piangere crebbe. Non usò l’unguento, ma usò il dolore. Vennele meno cui ella ugnesse, ma non le venne meno cui ella piagnesse. E quanto più l’era celato, tanto piagnea più dolorosamente. Piangea Maria dolorosamente, però che l’era cresciuto dolore sopra dolore. Due dolori gravi avea Maria, i quali volea mitigare colle lagrime; ma non potea, e imperciò, tutta posta in dolore, le venía meno il cuore e la mente, e non sapea che si fare. Signore, che potea fare questa buona femmina, se non piagnere; ch’era tutta ripiena di dolore, e non trovava consolazione? San Piero e san Giovanni erano venuti con lei al monimento, e non trovando il corpo di messer Gesù Cristo, si dipartirono; e Maria stava fuori del monimento e piagneva, e quasi disperando sperava, e sperando disperava. San Piero e san Giovanni temettono, e per ciò si partirono; ma Maria non temea, però che veruna cosa che le potesse addivenire non temea, nè per la quale ella potesse temere. Avea perduto il suo Maestro, il quale amava si teneramente, che fuor di lui non potea amare nè sperare. Pareale aver perduta la vita dell’anima sua, sì che già le parea meglio a morire, che vivere in tanto dolore; im[p. 361 modifica]però che, morendo, ella s’aspettava e credeasi per la ventura poter trovare il suo diletto, il quale, vivendo in questa vita, non potea trovare. Certo l’amore è forte come la morte. Or che avrebbe la morte fatto più nella Maddalena che facesse l’amore? Fatta era insensibile e quasi come morta, e sentendo non sentia, e udendo non udia, e ov’ell’era non era; imperciò che l’anima sua e la mente era ov’era il suo dolce Maestro, del quale ella non sapea dove si fosse. Addomandavalo, e nol trovava; imperò stava al monimento, e piangea tutta piena di lagrime, tutta dolorosa e miserabile. O dolce Maddalena, dimmi, amorosa, che speranza, che consiglio, che cuore era il tuo, chè tu stavi sola al monimento e i Discepoli s’erano partiti? Tu venisti innanzi loro, e rimanesti dopo loro. Perchè facesti questo? Od eri tu più savia di loro o amavi più di loro, chè tu non avevi paura sì com’eglino? Certo credo che questa sia la tua scusa; imperò che tu non sapevi altro fare che amare il tuo diletto, nè altro che di lui addolorare, imperciò che tu nol potevi trovare. Dimenticata avevi la paura, e dimenticata avevi te medesima, e dimenticato avevi ogni cosa, se non colui il quale tu amavi sopr’ogni cosa. E certo non è da maravigliare se ogni cosa t’era uscita di mente, chè, apparendoti egli e veggendolo, nol conoscevi: tanto eri assôrta di dolore di mente! E se non fossi sì assôrta, e avessi a mente le parole ch’egli ti disse della sua resurressione, non l’avresti addomandato morto, ma saresti rallegrata nell’aspettamento della immortal vita, ond’egli t’avea detto che dopo la morte sua risusciterebbe il terzo dì. Ma tanto dolore avea ripieno il cuor tuo, ch’avea spenta la memoria delle sue parole nell’anima tua. Non t’era rimaso sentimento; ogni consiglio era perito, e ogni speranza t’era venuta meno; e solamente il piagnere t’era rimaso. E certo tu piangevi perchè tu n’avevi ragione.

Piagnendo la beata Maria Maddalena, sì si chinò e guatò nel monimento, e vide due Angeli vestiti di vesti[p. 362 modifica]menta candide, e sedeano l’uno da capo, l’altro da piè del monimento, i quali le dissono: — O femmina, perchè piagni tu? — O dolce Maddalena, grande consolazione hai trovata, e forse meglio che tu non ti credevi trovare. Tu n’addomandavi uno, e hàne trovati due. Addomandavi uomo, e tu hai trovati e veduti Angeli. Addomandavi morto, e trovasti e’ vivi, e persone che pare ch’abbiano cura di te, e che ti volevano consolare e mitigare il tuo dolore. Quello che tu addomandavi, non pare che guati tuo dolore nè lagrime tue. Tu ’l chiami, e non par che t’oda; adorilo e prieghi, e non t’esaudisce; domandilo, e nol truovi; picchi, e non t’apre; vàgli dietro, ed egli si fugge da te. O amor mio, che è questo? e che mutazione è questa? Or come è mutata questa cosa in contrario? O carissima Maddalena, dimmi: questi è Gesù che s’è partito da te, ed è morto; e forse io non so s’egli t’ama come suole, però non ti si mostra? Ben ti solea molto amare; ed egli ti difese dal Fariseo, e iscusòtti dalla tua sirocchia che si lamentava di te che tu non l’aiutavi apparecchiare per messer Gesù Cristo. E ben ti lodò molto quando tu gli ungesti i piedi d’unguento e lavasti di lagrime e rasciugasti co’ capelli tuoi; e racconsolò il tuo dolore, e perdonòtti i peccati, e scusòlti da Giuda quando gli versasti l’unguento prezioso in sul capo. E ben domandò di te dove tu fossi, quando venne a risucitare il tuo fratello; e mandòtti dicendo per la tua sirocchia, che tu andassi a lui, quando ella ti disse: — Il Maestro è presso, e manda per te, e chiamati e domanda di te. — O buono Gesù, come si levò tosto Maria, e come tosto venne, e, com’ella solea, ti si gittò a’ piedi, quando ella udì che voi l’addomandavate! E voi simigliantemente, quando la vedesti contristata e lagrimare per la morte del suo fratello Lazaro, vi contristasti e lagrimasti per lei, dolce Gesù, e per racconsolarla dicesti: — Ove l’avete posto? — E per sua consolazione, che tanto v’amava, buon Gesù, risucitaste il suo fratello Lazaro, e convertisti il suo pianto in allegrezza. O dolce [p. 363 modifica]Maestro, voi faceste tutte queste cose per suo amore. Ditemi, che ha poi peccato in voi questa vostra diletta discepola? o in che ha offesa la dolcezza del vostro cuore questa vostra amatrice, che voi vi siete così nascoso da lei, ch’ella vi vae pur cercando, come ebbra di vedervi, e non vi può trovare? Certo no; non udimmo poscia di lei niuno peccato, se non ch’ella si levò molto per tempo una mattina dinanzi da tutti, e venne con preziosi unguenti per trovarvi e per ungere il vostro corpo; e non trovandovi, corse immantinente e disselo ai vostri Discepoli, e i Discepoli vennono al munimento e guatarono e andarsene. E questa dolce discepola rimase ivi, perchè ardeva del vostro amore, Gesù buono; e piagneva, e non vi trovava. E se questo è peccato, certo non si può negare: ma se non è peccato, anzi è amore e desiderio ch’ell’ha di voi, perchè vi partite così da lei e nascondetevi? Voi diceste: — Io amo tutti coloro che amano me, e chi mi cercherà mi troverà. — Adunque, questa diletta discepola che così per tempo si levò per trovarvi, perchè non vi trova? Perchè non racconsolate le lagrime ch’ella sparge per voi, come voi consolasti le lagrime ch’ella sparse per lo suo fratello? E se voi l’amate come voi solete, perchè indugiate tanto il desiderio suo, e l’angore1 che ell’ha sì grande di vedervi? O verace Maestro e testimonio fedele, ricordivi della loda che voi le desti alla sirocchia quando voi dicesti: — Maria ha scelta ed eletta la miglior parte, la quale non le verrà meno; imperò che la soavità d’Iddio si comincia a sentire in questa vita, e in vita eterna si compie perfettamente. O messer Gesù Cristo, voi diceste veramente vero che Maria elesse la miglior parte, quando ella elesse voi. Ma come è vero che voi diceste che non le verrà meno, se voi che siete la miglior parte, [p. 364 modifica]ella vi va pur cercando, e non vi truova e sietele tolto? E se voi non le siete tolto, che siete la miglior parte la quale ella ha eletta, perchè piagne? e che addomanda? Certo Maria non addomanda altro se non quello che ell’ha eletto, e però non rista di piagnere, perchè quello ch’ella ha eletto, ella nol truova ora. O dolce e benigna guardia delle menti, pietoso messer Gesù Cristo, o voi le rendete e guardate in lei quel ch’ell’ha eletto, o io non so come si sia vero che tu dicesti che quello ch’ell’avea eletto non le sarebbe tolto; se non s’intenda già, che avvegna che tu le sia tolto dagli occhi, tu non le se’ tolto dal suo cuore. Ma odi me, dolce Maria; perchè sta’ tu più in questo dolore? e perchè ti contristi, e perchè piangi? Ecco che tu hai gli Agnoli suoi che sono venuti a te. Bastiti la visione degli Agnoli, che vedi che ti consolano e diconti novelle del tuo diletto. E forse per avventura colui di cui tu piagni e che tu addomandi, sente alcuna cosa in te, per la quale egli non ti si lascia trovare, e non vuole che tu il veggia ora. Poni oggimai fine al tuo dolore, e rattémperati del piagnere. Raccórdati che egli ti disse, e all’altre Marie; — Non piagnete sopra me. — Dunche, perchè piagni? Egli ti disse che tu non piagnessi, e tu non fai altro che piagnere. Dicoti ch’io temo che, tanto piangendo, sì l’offendi e fàgli dispiacere. Onde, s’egli amasse le tue lagrime, forse non si potrebbe contenere di piagnere, com’egli solea quando ti vedea piagnere. Ma odi il mio consiglio, o dolce Maddalena. Bastiti la visione degli Angioli, e la loro consolazione. Statti con loro, e domandagli se ti sanno dir novelle ove sia, o che sia fatto di colui che tu addomandi, e per cui tu tanto piagni; imperò che io credo certamente ch’egli sieno venuti per consolarti di lui. E credo che colui per cui tu piagni, gli ha mandati per annunziar la sua resurressione, e per consolare il tuo pianto.

E gli Angeli le dissono: — O buona femmina, perchè piagni tu? Qual’è la cagione di tanto tuo dolore? Non ci na[p. 365 modifica]scondere a noi le tue lagrime: áprici l’animo tuo, e noi ti diremo novelle del tuo desiderio. — E la Maddalena, agghiadata di troppo dolore e tutta posta quasi fuor di sè, non ricevea veruna consolazione, e non guatava a quel che gli Angioli diceano, e non voleva veruno consolatore, ma pensava infra sè medesima, e diceva: — Oimè, dolce mio Maestro, che consolazione poss’io ricevere, chè tu mi se’ tolto? Grave m’è a vedere ogni consolatore, e non mi possono consolare, ma fannomi più addolorare. Io addomando il Criatore, e imperciò grave m’è a vedere ora ogni criatura. Io non voglio ora vedere Angioli nè stare con loro, imperciò che non mi possono tòrre il dolore, ma più accrescere. Se tanto è ch’egli mi comincino a dire molte cose e io vorrò rispondere a tutte, temo che non m’impediscano più l’amore, ch’egli m’accrescerebbono.2 Onde io non addomando Angeli, ma colui che fece gli Angioli e me. Non addimando Agnoli, ma il Signore degli Agnoli. Èmmi tolto il mio Signore: lui solo addimando, ed egli solo mi può consolare, e non altri. Guato per trovarlo s’io il potessi vedere, e nol veggio, e non so ove se l’hanno posto. Vorrei trovare il luogo ove l’hanno posto, e nol truovo. Signore mio, vedi il mio dolore, ch’io non so ove mi vada cercando per te, nè ch’io mi faccia. O diletto mio, ove se’ andato? Io t’ho addoinandato nel monimento, e non ti truovo; e hotti chiamato, e non mi rispondi. O amore, ove t’addomanderò? Signore mio, io andrò cercando tutti i luoghi ch’io potrò, e non darò riposo a’ miei piedi e non dormirò insino a tanto che io non ti troverò, o dolce vita e riposo dell’anima mia. O occhi miei, diventate fonti di lagrime, e non vi riposate mai, e non venite mai meno di piangere. O dolce Gesù, amor mio, ove se’ andato? O cuor mio, o anima mia, come se’ trangosciata, e non sai che ti pigliare! S’io mi parto dal monimento, non so ove io mi vada, e non so ove [p. 366 modifica]io mi cerchi di voi, dolcezza mia. Partirmi dal monimento, mi pare morte; e stare al monimento e non trovarti, dolce Gesù, m’è dolore sanza rimedio. Ma, Signor mio, meglio mi pare di guardare il sepolcro vostro, che partirmi da lui. Starò adunche, amor mio, allato al monimento vostro; e qui vo’ morire, acciò ch’io vi sia sepolta allato, Signor mio. Or come sarà beato il corpo mio se sarà sotterrato allato al sepolcro del Signore e Maestro mio! Oh come sarà beata l’anima mia, che uscendo di questo corpo,3 di questo fragile vasello del corpo mio, se incontanente potrà entrare nel sepolcro del Signor mio! Il mio corpo sempre fu all’anima mia dolore e fatica, e ’l sepolcro del mio Signore sempre le sarà riposo e onore. Dunche, questo sepolcro nella vita mia sarà la mia consolazione, e nella morte sarà il mio riposo. Vivendo, me gli starò allato; e moriendo, mai non mi partirò da lui. O dolce Gesù, perchè non mi stett’io teco, e non ti guardai, o amor mio, sì che tu non mi fossi tolto, o ch’io foss’ita dietro a coloro che ti tolsono? Ma dolente a me, io volli osservare la legge, e abbandonai il Signor della legge. Io obbedii alla legge, e non guardai Colui il quale è guardato dalla legge, avvegna che stare con lui non sarebbe fatto contra la legge, ma sarebbe obbedito alla legge.4 La Pasqua non si sozza da questo morto, ma rinnovellasi tutta e rinfresca. Questo morto non sozza i mondi e i netti, ma sana i peccatori e gl’ immondi, e sana tutti coloro che ’l toccano, e rallumina l’anima e ’l corpo [p. 367 modifica]di tutti coloro che gli s’appressano e che vanno a lui. Ma perchè mi pur arreco alla mente il mio dolore? Io andai e tornai, e trovai il monimento, e colui che io addimandai nol trovai e nol vidi. Ma io starò e aspetterò se per l’avventura egli apparisse altrove. Ma come starò sola? I Discepoli se ne sono andati, ed hannomi lasciata sola piagnendo e dolorosa; e niuno par che sia che a piagnere m’accompagni, e chi meco richieggia il Maestro mio. Gli Angeli sono appariti, ma non so per che cagione. E se eglino mi volessino consolare, egli saprebbono la cagione per la quale io piango e lamentomi. O s’egli sanno la cagione del mio pianto, perchè dunche mi domandano perch’io piango, o domanderebbonmi perch’io non pianga più? Deh, per Dio! non mi prieghino più ch’io non pianga; o eglino m’uccidano. Or che dirò più? Io so per certo che di ciò non obbedirò loro mentre ch’io viverò; e di piagnere non mi sazierò e non ristarò insino a tanto ch’io il Maestro mio troverò. Ma che farò per trovarlo? o a cui anderò, e a cui ne domanderò, o a chi domanderò consiglio o aiuto? Chi per pietà m’averà misericordia, o chi mi consolerà, o chi dirà ove sia la vita mia, o chi mi dirà novelle di lui? Priego che, se ’l sapete, che gli diciate ch’io ardo del suo amore, e languisco per desiderio di vederlo, e vegno meno di dolore, e non è dolore niuno che s’agguagli al mio. O amor mio amabile, o amor mio disiderabile, ritorna a me: non mi ti fare più aspettare; e dàmmi letizia della tua presenza, e lasciami vedere la faccia tua dolcissima, e fammi udire la voce tua dilettosa e le parole tue piene di conforto e d’amore. Messere, la tua boce è dolcissima, e la tua faccia è bellissima e piena di graziositade. Móstramiti, amore, e bastami; e non chieggio altro più. —

Piagnendo la Maddalena così forte e addolorandosi e dicendo queste parole, sì si rivolse addietro, e vide messer Gesù Cristo che stava ivi ritto in piede; ed ella nol conobbe, e non sapea che fosse Gesù Cristo. Ed egli le disse: — O [p. 368 modifica]femmina, che piagni tu e che addomandi? — O desiderio dell’anima sua, pietoso messer Gesù Cristo, oh perchè l’addomandate voi perch’ella piagne e che ella addomanda? O cuor dell’anima sua, e ogni sua dolcezza e desiderio suo, or non t’avea ella veduto con gli occhi del capo suo, con grandissimo suo dolore, tre dì dinanzi crudelmente uccidere, e flagellare e straziare e schernire; e le bellissime mani, con le quali ella fu spesse volte benedetta, e i piedi, i quali ella baciò e lavò di lagrime, ella gli vide conficcare e distendere in sul legno della croce tra i ladroni, e affiggere5 come bersaglio a segnacolo, e come si fanno gli abbominevoli peccatori? E tu l’addomandi — perchè piagni? — Ella ti vide morire in su la croce, e tu l’addomandi — perchè piagni? — E ora pensa che ’l corpo tuo le sia tolto, il quale ella era testè venuta a ugnere con grande divozione, per racconsolarsi un poco, ed ella nol può trovare; e tu l’addimandi perchè piagne e che addomanda? O dolce Gesù, voi sapete ch’ella domanda voi, e voi solamente ama; e voi testè le dite perchè piagne? Deh, Signore, e che è questo che voi fate? Voi ardete il cuor suo dell’amor vostro, e destate tuttavia il dolor suo, e poi l’addomandate: — Che hai tu, femmina, che piagni? — Voi sete apparito come ortolano, e piantavate l’amor vostro nel cuor suo; e ora l’addomandate perchè piagne? O buon Gesù, o dolce Maestro suo, ecco questa vostra fedele ancella e divota discepola, tutta amorosa di voi, la quale è ricomperata novellamente del prezioso vostro sangue; vedete che tutta si strugge e trambascia di desiderio di vedervi, e guata e domanda, e non può trovar voi cui ella desidera; e ciò che vede le dispiace; imperò che voi, cui ella desidera, non può vedere: e voi l’addomandate perchè piagne e che addomanda? Voi sapete, dolce suo Maestro, che ella addo[p. 369 modifica]manda solamente voi, e voi disidera, e per vostro amore ha ogni cosa per nulla: e voi dite: — Perchè piagni? — O dolce Maestro, oh perchè la pure accendete e fate struggere l’anima di questa vostra diletta? Tutta l’anima sua è in voi, e tutto il cuor suo si riposa in voi, e tutta la sua speranza ha posto in voi; e tutta è disperata di sè medesima, ed è uscita quasi fuor di sè per amor di voi. Con tanto fervore v’addomanda, che niuna altra cosa addomanda nè aspetta nè spera d’avere, se non solamente voi. Oh pensate voi, Messer, che ella dica: — Io domando voi e piango per voi, — se tu non le spiri nel cuor suo, e non le ti dài prima a conoscere: — Io son colui cui tu addomandi e per cui tu piangi? — O messer Gesù Cristo, ch’è questo che voi fate? Pensate voi ch’ella vi possa conoscere, mentre che volete tenervi celato? Avete voi perduta la compassione, o dolce amore Gesù, perchè voi siete fatto immortale e glorioso? So per certo che no; imperò che non ci avete a sdegno, perchè voi ci avete ricomperati del vostro sangue prezioso. Or dunque, perchè l’addomandate perch’ella piagne, e cui addomanda?

E credendo Maria che Gesù Cristo fosse un ortolano, sì gli disse: — Messere, s’tu l’hai tolto, dimmi ove tu l’hai posto, ed io ’l tôrrò. Oh dolore miserabile, oh amore maraviglioso! Questa buona femmina quasi uscita di sè, e coperta quasi come6 nuvola di dolore, non conoscea il sole, il quale ella vedea e con cui ella favellava; ed era sì languida dell’amore di Gesù e sì n’ardea, che questo languore e desiderio di vederlo avea fatto venire una caligine e una nebbia sopra ’l cuor suo in tal modo, che non le lasciava veder colui il quale ella vedea, e con cui ella favellava, e che le mandava i razzi amorosi nell’anima sua. Ella vedea Gesù Cristo; e nol [p. 370 modifica]conoscea che fosse Gesù Cristo. O Maria, se tu domandi Gesù Cristo, or come non conosci Gesù Cristo, che vedi che favella teco? O dolcissima, vedi Gesù ch’è venuto a te, e domándati che tu gli dica quel che tu vogli e perchè tu piagni; e tu se’ sì inebbriata di lui, che tu nol conosci, ma pàrti ch’è sia un ortolano. Ma vera cosa è quel che tu pensi di lui, ma un poco mi pare che tu erri se tanto è che tu creda che egli sia pure ortolano, e non conosci ch’egli è altresì Gesù Cristo: onde egli è ortolano verace, ed è Gesù Cristo. Ortolano è, imperò che egli semina il buon seme nell’anima tua, e semina tuttavia nel cuor de’ suoi fedeli; e Gesù è imperò che è Salvatore del mondo. E questo è Gesù Cristo che favella teco. Tu il domandi morto, e tu vedi ch’egli è vivo e risucitato, e favella teco; e nol conosci. Ma in verità, Maria, io ho spiata la cagione per ch’egli forse prima si partiva da te, e non ti si mostrava e non ti si dava a conoscere. E la cagione penso che sia questa. Or perchè ti7 sarebbe mostrato nel modo che tu non l’addomandavi? Tu addomandavi Gesù Cristo, e nol conoscevi Gesù Cristo; e imperò, veggendolo, nol vedevi, imperò che nol conoscevi. O dolce e pietoso messer Gesù Cristo, al tutto io non ardisco di scusare dinanzi a voi questa vostra divota e dolce discepola, e non posso liberamente difendere questo suo errore, se tanto è ch’ella errasse: ma non errava, però che ella v’addomandava cotale quale ella v’avea veduto tre dì dinanzi nella vostra passione, e come ella v’avea lasciato nel monimento. Onde ella avea veduto il corpo vostro diporre delia croce, e riporre nel monimento; e tanto dolore l’era entrato nel cuore per cagione della morte vostra, che ella non poteva nè pensare nulla nè avere speranza della vostra vita. E tanto dolore avea avuto nella vostra sepoltura, che ella non potea pensare nulla della vostra resurressione; ma tutto il suo pensiero era sopra la vostra morte [p. 371 modifica]e passione. Ella avea veduto che Giuseppe e Nicodemo aveano levato il corpo vostro della croce, e posto nel monimento; e questa vostra discepola sì vi lasciò, e seppellì col corpo vostro lo spirito e l’anima e ’l corpo suo. E più agevole sarebbe suto di partir l’anima dal cuor suo, che di partirla dal corpo vostro morto. L’anima e lo spirito di questa vostra discepola era più congiunto al corpo vostro, che non era al cuor suo. E domandando del corpo vostro, domandava simigliantemente dell’anima sua, la quale era rimasa per amore nel monimento col corpo vostro. E abbiendo perduto il corpo vostro, avea perduto lo spirito del cuor suo, e la vita e l’anima sua; e ritrovando il corpo vostro, ritrovò lo spirito e la vita sua. Dunque, messer Gesù Cristo, non vi maravigliate se ella non vi conosceva; imperciò che non l’era rimasa l’anima, colla quale ella vi dovea conoscere; ma era rimasa nel monimento col corpo vostro, ed era tutta ràtta e assôrta in te. Rendetele adunque lo spirito suo, il quale è col corpo vostro, e incontanente ritornerà in se; e lascerà questo errore, se errore si può chiamare, e cognosceràvvi che voi siate il Maestro suo. Ma, Messere, come potea errare questa tua diletta, che tanto si doleva per voi e tanto v’amava? Certo, se ella errava (chè so che non errava), dico, sanza dubbio veruno, che ella dubitava d’errare. E questo suo errore (o, che meglio si può chiamare, vostro celamento, per lo quale ella non vi conosceva) non procedea da errore, ma da grandissimo desiderio d’amore e da grande dolore. E imperò, misericordioso e giusto giudice, l’amore che Maria ha in voi e ’l dolore che ella ha per voi si la scusano dinanzi da voi, se tanto è che ella errasse per voi. Non guatate dunque, dolce Gesù, a questa femmina, ma vedete l’amore ch’ella ha in voi come divota discepola, la quale non piagne per errore, ma per dolore che ella ha di voi; e imperò vi domanda e dice: — Messere, se tu l’hai tolto, dimmi dove tu l’hai posto, e io ’l tòrrò. — Oh come saviamente errava! Agli Agnoli [p. 372 modifica]disse: — E’ m’hanno tolto il mio Signore, e non so ove se l’hanno posto. — E non disse loro: — Voi l’avete tolto e riposto; — imperò che gli Angeli non t’aveano tolto, buon Gesù, e non t’aveano posto in niuno luogo. E a te dice: — Se tu l’hai tolto, dimmi ove tu l’hai posto? — imperò che tu solamente ti togliesti te medesimo, e ponestiti ove tu se’. E agli Agnoli non disse: — Ove voi l’avete posto; — imperò che gli Angioli non poteano pienamente dire che fosse fatto di te, e come fu il modo del tuo risucitamento. Ma a te dice: — Dimmi ove tu l’hai posto, se tu l’hai tolto; — imperò che non t’è impossevole di dire, o dolce amore, quel che ti fu possevole di fare. Tu risucitasti te medesimo per la tua virtude, e imperciò tu solo sapevi quel che era fatto di te; e come era stato il fatto, tu solo ne sapevi dir novelle che l’avevi fatto.

E una cosa non è da passare, la quale dee destare l’anima devota a più amare, ripensando il fervore di Maria. Che è questo, o messer Gesù Cristo, che Maria, domandando di te, non ti nominava, se non che sanza altre parole dicea: — Ove l’avete posto? — e non dicea di cui. Questo ne penso. Messere, che ’l tuo amore del quale Maria ardeva, ha sì a inebbriare l’anima e trasformare in te, che già non si raccorda di sè medesima. E ciò che vede, le par vedere pur te, e che tutte le creature debbiano ardere d’amore di te, e che sieno ripiene della tua purità; e non discerne chi si sia, giusto non giusto, se non che ciò che vede le par buono per te; e da chiunque è veduta, le pare che debbano tutti conoscere, e che non debbano potere nè vedere nè pensare altro che te. Ed imperò che Maria era tutta ebbra di te e trasformata in te, da ogni persona credea essere intesa che ella domandasse solamente di te; e non pensava che le fosse bisogno, quando cercava di te, di nominare altrimenti te, se non dire: — Ditemi ove l’avete posto, se voi l’avete tolto. — Essempro abbiamo di santo Piero, quando ti vide trasfigurato, Non pen[p. 373 modifica]sava altro che di te, e non si raccordava di sè, se non che disse: — Maestro, se ti piace e se vuogli, facciamo qui tre tabernacoli: a te uno, a Moisè un altro e ad Elia l’altro; — ma di sè medesimo non faceva ragione, imperciò che era sì ebbro del tuo amore, o dolce Gesù, che non gli parea avere dubbio d’essere sempre ove fossi tu. O amor Gesù, che è questo che Maria sì spesse volte diceva questa parola: — Ove l’avete posto? — Ella avea prima detto agli Appostoli: — Ove l’avete posto? — e questo medesimo disse poi agli Agnoli: — Ove l’avete posto? — Molto le pare mêlata in bocca questa parola, che tante volte la ridice. Ecco, dolce maestro, certo questo faceva la dolcezza tua, ed ella questo facea per lo tuo amore; imperò ch’ella si raccordava quanto tu l’avevi detto del suo fratello morto Lazzaro, quando tu il risucitasti: — Ove l’avete posto? — e imperciò, quando ella udì quella parola dalla bocca tua, sì la ritenne e conservòlla sì diligentemente nel cuor suo, e sì vi si dilettava, che non le potea uscire del cuore. Oh come amava la persona tua, che sì amava la parola tua, buon Gesù! e come desiderava di vedere il volto tuo, che con tanto desiderio e dolcezza ridicea la parola tua ch’ella avea udita della bocca tua! e come volentieri avrebbe allora baciati i piedi tuoi, che così volentieri ridicea le parole tue! Che è questo, o buon Gesù, che Maria dicea di te: — Io ’l tôrrò? — Quel santo Giuseppo che ti levò della croce, temea, e non fu ardito di levare il corpo tuo della croce, se non da sera; e questo fe colla licenza di Pilato: e Maria non aspettò notte, e non si vergognava nè temea, ma promettea arditamente e dicea: — Io ’l tôrrò. — O amorosa Maria, dimmi, dolcissima; or se ’l corpo di messer Gesù Cristo fia riposto nella corte del principe de’ sacerdoti, ove santo Piero si scaldava al fuoco e, ispaventato di paura, lo negò, che farai? Rispondi, che ’l tôrrò.8 O maraviglioso ardore d’amore e ar[p. 374 modifica]dire di femmina! Or che di’, o femmina non femmina? E se quella ancella ti domanderà di Gesù come domandò san Piero, e negòllo, che farai? — Rispondoti, ch’io il tôrrò. — grande amore di questa buona donna! Ella risponde, e ninno luogo ne trae ch’ella non prometta e dica di tôrlo. Sanza paura dice; e non traendone veruno luogo, dice: — Ditemi ove voi l’avete posto, e io ’l tôrrò. — O dolce femmina, beata Maria, benedetta sia l’anima tua. Grande è la tua costanza e la fermezza del cuor tuo, e grande è l’amor tuo, e grande è la fede tua. O tu, messer Gesù Cristo, veggendo tanto amore in questa tua devota discepola, or perchè pare che vi siate così dimenticato di dire quella parola che voi solavate dire: — Sia come tu vuogli, — e faciavate ogni grazia altrui che la v’addirandava umilemente? Messer Gesù Cristo, piacciati per amore di non protrarre e di non indugiare più il disiderio suo, e di non affliggere più l’anima sua: chè vedi che già son tre dì ch’ella bramosamente, piena tutta di lagrime e di dolore, t’ha addomandato e desiderato, e non può pensare altro, di che ella voglia e possa saziare l’affamata anima sua di te, se non di te. E se tu non le porgerai il pane del cuor tuo, manifestandole te medesimo ch’ella ti cognosca com’ella ti favella, e tienleti celato, verrà meno lo spirito e la vita sua corporale. Raccorditi, Messere, come tu saziasti la moltitudine che t’era venuta drieto tre dì udendoti predicare, e per vederti; e tu per pietà dicesti agli Appostoli: — Ecco la turba della gente che tre dì mi sono venuti drieto, e non hanno che mangiare; e se io ne gli mando così digiuni a casa loro, verranno meno tra via, imperò che molti di loro sono venuti da lungi. — O Gesù, amore, bene è da lungi chi è sanza te; e bene ha difetto d’ogni bene chi è sanza te. Dunche, messer Gesù Cristo, raccordivi della pietà del cuor vostro, e saziate oggimai l’anima di Maria, che v’ha aspettato tre [p. 375 modifica]dì, e distruggesi tutta di languore e di desiderio di vedervi. Se tu non vuogli ch’ella venga meno, rifriggerà oggimai la sete dell’anima sua della dolcezza del sapor tuo. Apri gli occhi oggimai della mente sua, e falle riconoscere la faccia tua; però che tu, dolce Gesù, se’ pane vivo, ch’hai in te ogni diletto e ogni sapore di soavitade, e sazii di dolcezza indicibile e che parlar non si puote tutti gli amanti tuoi. E dèi pensare, dolce Gesù, che Maria non potrà molto ritenere la vita corporale, se tu tosto non le manifesti la vita dell’anima sua, cioè te medesimo.

Allora messer Gesù Cristo non si potè più sostenere di vederla più piagnere, che egli non racconsolasse quella sua diletta che tanto l’amava; e chiamòlla per nome, come solea. Allora Maria, udendo la boce com’egli la solea chiamare, incontanente sentì la sua vita e la dolcezza che ella solca sentire quand’egli la chiamava innanzi che sostenesse morte, e cognobbelo. Onde disse messer Gesù Cristo: — Maria. — Oh voce piena di soavitade e di diletto e di lusinghe! Oh come le parve amorosa! Non potea messer Gesù Cristo più apertamente dire, ch’egli le disse: — Maria, i’ so chi tu se’, e che tu vuogli; eccomi, non piagner più. Vedimi e guata che io mi ti manifesto apertamente, che m’hai tanto addomandato. — Udendo Maria la boce di messer Gesù Cristo quando la chiamò e disse il nome suo, cioè Maria, incontanente tutta stupefatta, come si levasse di un grande sonno, si rivolse,9 e [p. 376 modifica]cognobbe la boce di messer Gesù Cristo; e gittòglisi a’ piedi in terra per baciargliene, e lagrimando disse: — Rabboni, — cioè a dire, Maestro mio buono.10 E Gesù Cristo le disse: — Non mi toccare, imperò ch’io non sono ancora salito al Padre mio. — Volle dire Gesù Cristo: — Io non sono salito al Padre mio, cioè nel cuor tuo; imperò che tu pensi tanto della mia umanità, e tràti tanto l’amore che tu hai, pensando di me, che ti ritiene e non ti lascia levare lo ’ntelletto pienamente a contemplare la potenza e la virtù e l’amore della mia divinità, perla quale io mi sono risucitato. — Onde disse Gesù: — Non mi toccare; — e tuttavia destava il suo desiderio. Oh mutazione della mano dello Altissimo! Mutato è grande dolore in grandissimo gaudio, e giubilo e allegrezza. Mutate sono in lei le lagrime del dolore in lagrime di giubilo e d’amore. Quando Maria s’udì chiamare Maria, perchè così la solea chiamare il suo maestro Gesù, sentì una cotale dolcezza maravigliosa, per la quale ella cognobbe incontanente che egli era Gesù, il suo amoroso Maestro, che la chiamava, e riconobbe la sua boce dolcissima e soave. E come risucitasse da morte a vita lo spirito suo, incontanente le tornò il conoscimento, e fulle aperto lo ’ntendimento il quale Gesù avea velato. E vogliendo messer Gesù Cristo dirle più parole, non potea Maria sostenere d’udir più nè più aspettare; ma, inebriata e languida d’amore e d’allegrezza, sì ’l prese ancora, e disse: — Maestro mio e vita mia, l’amor forte non vuol parole. — Onde non volle dire altro Maria quando ’l chiamò e disse: — Maestro mio, solo tu sai l’animo mio, ch’io non voglio altro che te. Te addomando, te amo, di te languisco, e desidero te con tutte le midolle del cuore e con tutte le potenze dell’anima mia. — O amore, come se’ forte cosa! Certo, in verità, bene se’ più [p. 377 modifica]forte che la morte, chè non hai ninna pazienza in te. Non bastava a questa amorosa donna di vedere Gesù e di favellare con Gesù, se ella colle mani non toccasse Gesù. E certo non è da maravigliare se ella volea toccare Gesù; imperò ch’ella sapea che soavità e virtù usciva di lui, e sanava chiunque toccasse Gesù. O Gesù, nome sopr’ogni nome! o nome maraviglioso! o nome soave, c’hai in te dilettamento e sapore di ogni soavitade! o nome giocondo, che riempi il cuore di giubilo e di gaudio! o nome pieno di mêle! o nome che hai fatti diventar mêlati tutti i cieli, e hàgli ripieni d’amore e di gloria! o nome nel cui nome triema e adora il cielo e la terra e lo ’nferno e tutte le creature! o nome pieno d’ogni bene, dolce Gesù Salvatore! e che ricevi tutti quelli che vengono a te, e salvi tutti coloro che credono in te e che si confidano di te, e riempi d’amore tutti coloro che desiderano te! E ’l tuo nome il dice, che tu se’ dolce Gesù Salvatore. O pietoso Maestro, dolce Gesù, come ti mostri dolce a chi si raccorda di te! e come ti rendi amabile a coloro che hanno il cuor mondo per amor di poter amar te! Oh come saresti beata, anima mia, se tu potessi amare il dolce Gesù! Questo è sanza fallo, dolce Gesù, che tu ami tutti coloro i quali amano te, e mai non abbandoni coloro che sperano fedelmente in te. Ben se’, dunque, da amare in veritade e con tutto il cuore, buon Gesù. Ritorniamo alla Maddalena.

Ecco, dolce Gesù, che questa tua amatrice fedele t’addomandava con pura e semplice mente, e però ti trovò veramente. Ella sperava in te, e tu non l’abbandonasti mai, e destile a trovar te; e più trovò di grazia da te, che ella non aspettava e che non si credeva trovare. E io voglio seguitare il desiderio e l’amore di questa diletta, acciò che io possa venire a quello amore per cui ella piagnea, cioè a messer Gesù Cristo; e vuôlo domandare fedelmente, e non mi si celerà, imperò che non si celò alla sua diletta peccatrice. Appara tu, anima mia, piena di peccati, da questa benedetta [p. 378 modifica]peccatrice, a cui son perdonati molti peccati, imperò che amò molto. Appara a piagnere perchè tu non puoi vedere Gesù, e desidera di vederlo. E se tu non puoi piagnere, piagni perchè tu non puoi piagnere. Appara da Maria ad amare Gesù, e spera di vederlo; e vanne domandando sollecitamente, e non temere tribulazioni; e non volere amare nè seguitare nè ricevere consolazione da creatura, ma tutte l’abbi per nulla, le quali non siano da Gesù. Acciò che tu possi trovare e aver Gesù, appara da Maria di cercare Gesù, e sappi se tu ’l puoi trovare nel monimento del cuor tuo. Rivolgi la pietra, cioè la durezza del tuo cuore, e caccia via ogni nuvola e ogni scurità di peccato e d’infedeltà dall’anima tua. Togli e manda via ogni concupiscenza e ogni amore mondano dal cuor tuo, e sollecitamente cerca se v’è Gesù Cristo. E se tanto è che tu nol vi truovi, sta di fuori come facea Maria, e piagni amaramente. Sta nella fede, e guata di fuori a’ prossimi se tu ’l puoi vedere in veruno, e piagnendo adora e priega Gesù, che per pietade si degni di venire a te e abitare in te. E acciò che tu nol cacci da te per superbia, inchinati e umiliati e guata nel monimento suo, cioè l’anima tua, nella quale puote abitar Gesù. E se tu vi truovi gli Angioli, l’uno a capo del monimento e l’altro da piè, cioè se tu truovi che nel tuo cuore sieno operazioni e desiderii celestiali e santi, i quali s’appartengano alla vita attiva e alla contemplativa, e non sieno sì ferventi pe’ quali tu possi ancora aver Gesù, non sie contento, ma piagni e domanda di Gesù in fin a tanto che tu lo truovi, e manifestamente con chiarità ti si dimostri. E se tanto è che per pietà egli ti si dimostri e apparisca e deati consolazione di sè, non ne insuperbire, ma temi più che di prima; e non ti riputare nel cuor tuo come già ’l ti paresse conoscere, ma domandalo e pregalo devotamente che ti dia, con umiltà, conoscimento di sè. E io t’imprometto che se tu starai fedelmente con purità al monimento del cuor tuo, e guarderàti bene inchinando il capo, cioè lo cuore tenendo in [p. 379 modifica]umiltà, a essempro della Maddalena; e non vorrai altra consolazione se non di Gesù o che sia secondo la sua volontà, e non domanderai altro che Gesù; che sanza dubbio egli ti apparirà, e mostreràttisi, e conosceràlo in tal modo, che non ti sarà poi bisogno di domandare altrui ove sia Gesù, ma tu ’l potrai più avaccio mostrare e insegnarlo altrui, e dir novelle di lui: sì grandi consolazioni ti darà di sè medesimo. E potrai dire altrui: — Così e così11 mi disse Gesù, e io così e così dico di Gesù; imperò che non se ne dice nulla appo quello ch’io n’ho veduto e provato di Gesù. — Preghiamo, adunche, lui che ci si faccia si addomandare e di sè pensare, che noi possiamo venire ov’egli è a piena visione, e a pascerci della sua dolcezza e visione, in secula seculorum. Amen.

Laudato sia Gesù, e la dolce Madre sua, colla devota discepola Maddalena, e con tutta la Corte celestiale. Amen.

Note

  1. Si veda la Crusca, non senza però considerare che angore e angonia sono germogli di una radice medesima. Il lesto latino non ha qui termine di rispondenza, ponendo semplicemente: cur desiderium eius tamdiu protrahis?
  2. Il latino, più chiaramente: timeo ne amorem meum magis impediant quam expediant.
  3. A chi legge nel testo, egrediens de vase fragili corporis mei, le parole di questo corpo, parranno glossema di copisti. Ma un altro vizio ancora è in questo passo: il che, dinanzi a uscendo, superfetaneo. Avuto però riguardo al suono insoave che la soppressione di esso cagionerebbe, un pleonasmo siffatto può credersi opera del traduttore.
  4. Invece di correzioni più o meno ardite, più o meno scusabili dalla necessità, sempre tuttavia congetturali, riporteremo le parole stesse dell’Adamanzio: Legi obedivi, et eum cui lex obedit non custodivi, quamvis cum Christo manere non fuisset legem transgredi, sed adimplere.
  5. Affliggere ha la stampa del 1725. Qualche moderno editore aveva già fatta questa correzione; ed anche nel latino può leggersi: cruce clavis affigi.
  6. La stampa dogli Accademici sopprime quasi. Il testo origeniano, qui come sempre, con tutta chiarezza: mulier ista, quia densa nube doloris obtecta, non videbat solem. Onde sarebbe variante desiderabile: coperta come da nuvola.
  7. Si, o ti si, molto meglio. Origene avea scritto: cur enim tibi appareret?
  8. Così le stampe. Ma il traduttore, qualunque si fosse, avrà scritto probabilmente, come di sotto: — Rispondoti che ’l tôrrò; — e come nel latino due volte: ego eum tollam.
  9. Le stampe: si risolse; ma questa correzione è fatta da noi non per semplice congettura, nè per adattarci al latino originale (vedi la noia seguente), ma sulla fede di Luigi Fiacchi, che così ragionava intorno a questo passo: «Un buon testo a penna del marchese Giuseppe Pucci, ove questo Volgarizzamento va unito alle Meditazioni della Vita di Gesù Cristo, ci dà la vera lezione, si rivolse; perciocchè pare che quivi l’autore abbia avuto in mira quelle parole dell’Evangelo: conversa dicit ei.» (Lezione detta all’Accademia della Crusca, il dì 12 di marzo 1816, stampata nel volume XXI della Collezione d’opuscoli scientifici e letterarii, e nel tomo I degli Atti dell’Accademia della Crusca, pag. 239). Sanno gli amatori di tai cose la cagione per la quale i Codici già Pucci più non possono in Firenze consultarsi.
  10. Il testo origeniano: Dicit ei Iesus, Maria. Conversa dixit ei, Rabboni: quod dicitur magister.
  11. Male sin qui avevano, al creder nostro, le stampe: dire altrui così: E così ec.