Novellette ed esempi morali (Bernardino da Siena)/Una pace a Crema

Una pace a Crema

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UNA PACE A CREMA


Essendo io a predicare a Crema in Lombardia, e per le parti e divisioni loro erano fuore della terra circa a novanta uomini con tutte le loro famiglie, i quali erano tutti dati per scritto al Duca di Milano; nella qual terra era uno signore molto benigno e dabbene. E predicando io di questa materia pure cupertamente (imperoché questa è materia da non parlare troppo alla scuperta) pure io predicando, parlavo in genere e non in particularità, e non tacevo nulla che fusse da dire. E perché era tempo di vendemmia, io predicavo di notte, e tanto di notte che io aveva predicato all’aurora quattro ore; e quando io venni, a vedere uno a uno tutti venivano a me dicendomi: “Che vi pare che facciamo?” E rimettevansi in me, ch’io gli consigliasse. Allora considerando la loro buona volontà senza niuna contrarietà, cominciai a dire come questo fatto voleva andare. Essi dicevano, che questo stava solamente al signore. El signore era molto mio domestico. Io li dissi quello ch’io volsi, consigliandogli nel bene operare. Nondimeno facendo io l’arte mia del predicare, lassai adoperare a Dio e a loro. E nel mio predicare mi venne detto delle sterminate grida che fanno l’innocenti dinanzi da Dio, contra coloro i quali senza loro colpa lo’ fanno patire pena; domandando vendetta di coloro che gli hanno perseguitati. E tanto l’entrò nella [p. 51 modifica]mente questa parola, che essi fecero uno conseglio nel quale vi fu tanta unione, che fu cosa mirabile, nel quale si prese, che ciascuno di costoro potesse tornare a casa sua. Poi partendomi da Crema, andai in uno castello, il quale era di longa forse dieci miglia, e parlai a uno di quelli usciti, il quale aveva lassato in Crema tanto del suo, che valeva circa a quaranta migliaia di fiorini, il quale mi domandò: “Come stanno le cose?” E io gli dissi: “Con la grazia di Dio tu tornarai a casa tua, imperò ch’io ho saputo molto bene di loro intenzione.” Elli si fece molto beffe di quello che dicevo, e da inde a poco elli li venne uno messo mandato da Crema, il quale li disse come egli poteva tornare a suo piacere a casa sua. E udendo cosí, per l’allegrezza ch’egli aveva, egli non poteva mangiare, né bere, né dormire. Egli venne a me, e tanta era la letizia che egli aveva, che non poteva favellare; e stette cosí parecchi dí, e poi andò a Crema. E ode mirabile cosa: che tornando a casa sua, elli trovò in sulla piazza il nimico suo; il quale quando vide costui, corse e abbracciòllo e volselo menare la sera a cena con lui. E un altro il quale possedeva la casa dove esso stava, subbito, mentre che elli cenava, sgombrò la casa delle cose sue proprie, e lassandovi quelle di questo tale; e chi aveva nulla di suo, la mandò a questa tal casa di costui. E di subbito la sua lettiera, li suoi goffani, sue lenzuola, sue tovaglie, suoi baccini, suoi botti, suoi ariento, e per modo andò la cosa, che la sera medesima fu menato nella sua casa, e dormí nel suo letto fra le cose sue proprie. E dico che [p. 52 modifica]pareva che fusse beato colui, che gli poteva portare le cose sue, la roba sua. Poi in quelli dí, anco chi aveva suo bestiame o sue possessioni, suoi cavagli, ognuno giogneva: “Ecco i tuoi buoi, ecco i tuoi asini, ecco le tue pecore;” tanto che ogni sua cosa gli fu quasi renduta: e cosí simile a tutti gli altri. E dico ch’io mi dò a crèdare che quella terra, per quella cagione, Iddio l’ha campata da molti pericoli. E molte altre terre presero essemplo da questa, ed è oggi dei buoni castelli di Lombardia.