Novellette ed esempi morali (Bernardino da Siena)/Gli indiscreti

Gli indiscreti

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L'ozio dei frati La visione di frate Ruffino
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GLI INDISCRETI


Elli è talvolta ch’io mi ritrovo solo solo, e vienmi voglia ancora di fare le piú belle risa, che se niuno fusse con meco, sarebbe una maraviglia. Io trovo che se niuno ha quistione niuna, ellino càpitano a me, dicendomi: “Oh, frate Bernardino, io vi prego per l’amor di Dio, che voi mi facciate una grazia: egli è quistione fra tale persona e tale, e potreste operare molto bene, mettendogli in concordia.” “Bene,” dico io, “che vuoi tu che io facci?” “Vorrei che voi mandaste per lui.” Ma io non ho famigli e non ho birri da farcelo venire, e forse non vorrà fare altro che a suo modo. Doh, questa non è cosa da me! Un altro verrà che avrà quistione colla moglie, dicendomi: “Per l’amor di Dio, fatemi che questo fatto s’aconci fra me e lei.” Un altro: “Io ho ad avere danari dal tale: elli mi strazia, elli si fa beffe di me, tienmi il mio in forza, e io stento.” “Bene, che vuoi tu ch’io ne facci? Io non so’ né podestà né capitano; e non so’ de’ Signori, né uffiziale di mercanzia, ch’io te li possa fare rendere, se tu gli hai ad avere.” Simile, se il figliuolo è cacciato dal padre, egli viene a me; se ’l padre è maltrattato dal figliuolo, elli capita a me. Se la moglie è stata cacciata dal marito, ella capita a me. Se la donna si fugge dal marito, el marito viene a me. Se uno ha l’infermità ricorre a me; se uno ha alcuna tribulazione, elli capita [p. 56 modifica]a me, e per certo io sento di voi le piú nuove cantafole ch’io abbi sentito in niuno luogo. E verranno talvolta a me tali che mi vorrano dire in tutto una frasca, e cominciarannosi di longa mille miglia. Che pure uno di questi dí venne a me uno forestiero, e non mi pareva però da molto, forse che a suo parere non era cosí; e giognendo a me, disse: “Missere, Iddio vi dia buona vita.” “Tu sia il bene venuto: che novelle?” “Io vorrei da voi uno consiglio.” “Di’ su,” dissi io. Costui incomincia e dice: “Egli è vero che noi avemmo uno prete a la nostra chiesa e non ci piaceva. Noi il cacciammo, e aviamne preso un altro, il quale aviamo inteso che egli è stato scomunicato; onde ch’io vorrei che voi mandaste per lui, e che voi lo ammoniste; vo’ dire che voi il correggeste del suo fatto. “Io risposi a costui: “Oh, io non so’ vescovo, ch’io il possa né amonire né corèggiare.” Elli rispose e disse: “A me mi pare che voi siate vescovo e papa e imperadore.” E credomi che ciò che elli mel diceva, elli mel diceva con buon animo. E questo che voi mi fate qui, elli m’è fatto cosí in ogni logo dove io capito. Sapete che vi dico? Voi volete che io sia papa, ch’io sia vescovo, ch’io sia rettore, ch’io sia uffiziale di mercanzia, e che io facci ogni cosa che apartiene a loro. Oh, io non posso fare ogni cosa, io! Ognuno facci il suo uffizio; se tu hai ad avere da niuno, va’ dove t’abisogna d’andare per racquistare il tuo. Se è la tua donna partita da te, o ’l tuo marito, fa’ coi parenti o con amici o col padrino, e sic de singulis dico a ognuno. Sai perché? Perché uno [p. 57 modifica]sarà atto a fare una cosa, e un altro sarà atto ad un’altra; e quando ti bisogna andare al vescovo, non venire a me, ch’io non son buono al fatto tuo. Quanto ti bisogna andare a’ Signori, non capitare a me, che anco non ti posso fare nulla: va’ a loro tu. E questo dico a ognuno; però che il vostro venire a me è uno perdimento di tempo: che potrei stare a studiare e fare una predicozza a la magnifica a onore di Dio; e voi sête cagione ch’io non posso stare a studiare per estare attèndare a udire voi.