Meditazioni sulla economia politica con annotazioni/VI

Viziosa distribuzione delle ricchezze

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V VII
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§. VI.

Viziosa distribuzione delle ricchezze.


I
L numero de’ venditori sarà sempre maggiore in una nazione a misura che le fortune saranno distribuite con maggiore equabilità, e sopra un maggior numero. Vediamo in fatti che ne’ paesi, ove la sproporzione delle ricchezze ci presenta il compassionevole contrasto della nuda affamata plebe, che dalle strade rimira l’orgoglioso fasto di alcuni pochi rigurgitanti di comodi e ricchezze, ivi scarsissimi sono i venditori di ogni merce tanto indigena che straniera, molti sono i compratori, e i prezzi talmente alti che pochissima esportazione posson fare agli esteri; l’annua riproduzione è ridotta stentatamente al necessario, la terra, su cui passeggiano uomini o avviliti o oppressori, mostra la sua faccia sterile e infeconda, tutto languisce e dorme, aspettando o un Legislatore che voglia e possa e sappia (combinazione fortunatissima), o l’estremità dei mali, i quali sono i più funesti, ma forse gli unici precettori che persuadano con intima [p. 38 modifica]convinzione quale sia la strada della verità.

La Legge Agraria de’ Romani, l’anno giubilaico degl’Israeliti, varie leggi di Licurgo, e d’altri antichi legislatori, avevano, come sappiamo, per oggetto la uniformità delle fortune. Questa uniformità esattamente osservata toglierebbe l’emulazione, e sarebbe in guisa che nessuno avendo lo stimolo del bisogno, tutto languirebbe, e si accosterebbe la società allo stato isolato e selvaggio; la consumazione avrebbe per oggetto le sole produzioni interne, e quest’annua riproduzione non eccederebbe il minimo limite degl’interni bisogni.

Nella troppa disuguaglianza delle fortune, egualmente che nella perfetta eguaglianza, l’annua riproduzione si restringe al puro necessario, e l’industria s’annienta, poichè il popolo cade nel letargo; sia ch’ei disperi una vita migliore, sia che non tema una vita peggiore.

Una nazione che sia di mezzo a questi due estremi, cioè, dove nè la plebe sia fra i ceppi d’una squallida povertà, nè sia tolta la speranza d’ingrandire e migliorar di fortuna, quella è in istato di ricevere le più felici impressioni che la spingano al [p. 39 modifica]bene, e se a questo stato non è una nazione, converrà preliminarmente ridurvela.

I mezzi per isminuzzare e dividere i patrimonj troppo ammassati, e far circolare i beni di fortuna sopra un maggior numero di uomini, non possono mai essere mezzi diretti, poichè sarebbe questo un attentato contro la proprietà, che è la base della giustizia in ogni società incivilita. Indirettamente ciò si potrà ottenere, quando nell’ordine delle successioni alle eredità vengano dal legislatore uniformati tutti i figli senza riguardo al sesso, e al tempo della loro nascita; quando nessuna porzione di terra, e nessun bene restino immutabilmente segregati dalla circolazione de’ contratti; quando alcune privative pompe che si arrogano i Magnati, vengano, o ad essi tolte, se hanno un principio di usurpazione, o rese comuni a un più gran numero; quando alcuni articoli di lusso puramente di ostentazione, e che si esercitano su merci straniere vengano più dall’esempio del legislatore, che da’ suoi editti proscritti; quando in somma s’interpongano questi mezzi indiretti, i quali benchè da principio riescano lenti, mantenuti però in vigore non mancano di [p. 40 modifica]ottenere l’effetto, e di spandere sopra un più gran numero i beni ammucchiati su pochi.


Annotazioni.

Tema una vita peggiore. Sembra necessario di esaminare con maggior precisione questa riflessione. Supponiamo la troppa disuguaglianza delle fortune ridotta all’estremo, cioè ad un solo Proprietario, per metterla in confronto con un’esatta legge Agraria, che dividesse le terre precisamente su tutti gl’Individui. Dico, che in questo caso gli effetti sarebbero diversissimi. Quest’unico Proprietario a misura che andasse acquistando tutte le terre (perchè sarebbe impossibile, che si realizzasse in un momento un simile acquisto) se le circostanze de’ territorj, che andasse di mano in mano acquistando, lo permettessero, sicuramente farebbe coltivare le terre abbandonando la direzione, e Commercio de’ prodotti ai coltivatori, i quali diverrebbero non puri manuali, o braccianti, ma fittabili, e intraprenditori della Coltura; e questo ricchissimo Proprietario sarebbe istrutto dall’esperienza a contentarsi di un reddito pagabile in danaro dagl’intraprenditori, sempre meno curandosi, a misura che sarebbe più ricco, dell’Economia della sua proprietà, purchè fosse sicuro del reddito. Dunque un tal Proprietario diverrebbe il Monarca di tutti i suoi Coltivatori, cioè nella supposizione di tutta la Nazione, ed i suoi redditi sarebbero tributi, e la Proprietà unica si [p. 41 modifica]sfrantumerebbe di nuovo in proprietà particolari. Dunque resterebbe vigorosa ancora per questo titolo l’Industria, e gli stimoli pungenti del bisogno agirebbero con tutta quella energia, colla quale nelle Monarchie passate e presenti, che pagano i tributi sulle terre, hanno sempre agito a misura che questi sono più, o meno bene ripartiti, tutto il rimanente delle circostanze Politiche, e locali essendo eguale. Per lo contrario nell’esatta ripartizione delle terre mancherebbe non solamente la riproduzione per la mancanza degli stimoli dell’emulazione come asserisce l’Autore, ma molto più per le fisiche circostanze, nelle quali si troverebbe la Coltivazione. Non sempre guadagnano le terre adFonte/commento: Pagina:Verri - Meditazioni sulla economia politica, 1771.pdf/273 essere suddivise. Bisogna distinguere il prodotto brutto di una terra, nel quale entrano le spese della Coltivazione, ed il mantenimento de’ Coltivatori, dal prodotto netto, che si trova avere il Proprietario dopo dedotte quelle. Nella riunione delle terre può risparmiarsi una parte di queste spese, che sarebbero maggiori nella divisione: moltiplicate essendo queste spese, e essendo tantoFonte/commento: Pagina:Verri - Meditazioni sulla economia politica, 1771.pdf/273 più povero ciascun Proprietario, non potrebbe sempre intraprendere que’ miglioramenti, che aumenterebbero la riproduzione. Di più molti miglioramenti riescono sopra una certa estensione di terreno, che riuscir non possono in una minore: le irrigazioni, le piantagioni de’ Boschi possono migliorarsi in grande, che in piccolo non sarebbero mai eseguite, nè molto utili quando lo fossero. La quantità di riproduzione sarebbe [p. 42 modifica]certamente minore; la moltiplicazione de’ coltivatori, e per conseguenza de’ consumatori sarebbe solo apparente, e diminuirebbe poscia in una proporzione accelerata.

Giova quì azzardare in questo proposito una riflessione non estranea all’oggetto, che quì si tratta. La disuguaglianza de’ beni non è tanto proporzionata alle circostanze Politiche, e Morali di una Nazione, quanto alle circostanze fisiche, e locali di quella; giacchè quelle si subordinano, e si piegano a poco a poco a queste. Dappertutto, ove la natura della Coltivazione sia tale, che poco prodotto sia percettibile su di molto terreno, ivi si tenderà alla disuguaglianza delle fortune, ed all’accumulamento in mano di pochi: per lo contrario dove molto prodotto si raccoglie su poco terreno, ivi tenderassi alla divisione delle fortune. A misura che il rapporto del prodotto allo spazio produttore è diverso, si va graduando proporzionatamente la diversa ampiezza delle fortune degl’Individui di una Nazione, appunto perchè in questa proporzione cresce il numero de’ Venditori, e de’ Compratori. Ma non è questo il luogo di sviluppare più a lungo queste riflessioni, le quali divengono praticamente meno utili a misura che sono più astratte, e generali. Mi si opporranno gli Svizzeri, nei quali la sterilità del terreno si combina colla divisione delle fortune; ma egli è facile rispondere, facendo riflettere, che ivi sono grandissime estensioni di terreni comunali; i più grandi Proprietarj sono le [p. 43 modifica]Comunità, dal che si può arguire che tolti questi beni Comunali, la disuguaglianza enorme s’introdurebbe, la libertà Democratica andrebbe restringendosi nell’Aristocratica forma, indi nell’Oligarchia per finire nella Monarchia.