Malmantile racquistato/Terzo cantare

Terzo cantare

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Secondo cantare Quarto cantare

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TERZO CANTARE.

ARGOMENTO.

Vengon d'Arno a seconda i legni Sardi:
Sbarcan le genti, e vanno a Malmantile;
Ma per vari accidenti i più gagliardi
Non fan quel tanto, che di guerra è stile.
Arma i suoi Bertinella, alza stendardi,
E mostra in debol corpo alma virile,
Nascon grandi scompigli in quella piazza,
E ognun si fugge in veder Martinazza.

1.
Un che sia avvezzo a starsene a sedere
Senza far nulla colle mani in mano,
E lautamente può mangiare e bere
E in festa e 'n giuoco viver lieto e sano;
Se gli son rotte l'uova nel paniere,
Considerate se gli pare strano:
Ed io lo credo, chè a un affronto tale
Al certo ognun la 'ntenderebbe male.

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2.
E pur chi vive, sta sempre soggetto
A ber qualche sciroppo che dispiace;
Perchè al mondo non v'è nulla di netto,
E non si può mangiar boccone in pace.
Or ne vedremo in Malmantil l'effetto;
Che immerso ne' piacer vivendo a brace1,
Non pensa che patir ne dee la pena,
E che fra poco s'ha a mutare scena.
3.
Era in quei tempi là quando i Geloni2
Tornano a chiuder l'osterie de' cani3,
E talun che si spaccia i milïoni,
Manda al presto4 il tabì5 pe' panni lani;
Ed era appunto l'ora che i crocchioni6
Si calano all'assedio de' caldani7,
Ed escon colle canne e co' randelli
I ragazzi a pigliare i pipistrelli.
4.
Quando in terra l'armata colla scorta
Del gran Baldone a Malmantil s'invia;
Onde un famiglio, nel serrar la porta,
Sentì romoreggiar tanta genìa.
Un vecchio era quest'uom di vista corta,
Che l'erre ognor perdeva all'osteria;
Talchè tra il bere e l'esser ben d'età,
Non ci vedeva più da terza in là.

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5.
Per questo mette mano alla scarsella,
Ov'ha più ciarpe assai d'un rigattiere;
Perchè vi tiene infin la faverella8
Che la mattina mette sul brachiere.
Come suol far chi giuoca a cruscherella9,
Due ore andò alla cerca intere intere:
E poi ne trasse in mezzo a due fagotti
Un par d'occhiali affumicati e rotti.
6.
I quali sopra il naso a petronciano10
Colla sua flemma pose a cavalcioni;
Talchè meglio scoperse di lontano
Esser di gente armata più squadroni.
Späurito di ciò, cala pian piano,
Per non dar nella scala i pedignoni:
E giunto a basso, lagrima e singozza,
Gridando quanto mai n'ha nella strozza.
7.
Dicendo forte, perchè ognun l'intenda:
All'armi all'armi, suonisi a martello:
Si lasci il giuoco, il ballo e la merenda,
E serrinsi le porte a chiavistello;
Perchè quaggiù nel piano è la tregenda,
Che ne viene alla volta del castello;
E se non ci serriamo o facciam testa,
Mentre balliamo, vuol sonare11 a festa.

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8.
In quel che costui fa questa stampita12,
E che ne’ gusti ognun pur si balocca,
L’armata finalmente è comparita
Già presso a tiro all’alta biccicocca.
Quivi si vede una progenie ardita
Che si confida nelle sante nocca13:
E se ne viene all’erta lemme lemme
Col Batti e ’l Tessi e tutto Biliemme. 14
9.
Tra questi guitti ancora sono assai
(Oltre a marchesi, principi e signori)
Uomin di conto15, e grossi bottegai,
Banchieri, setaiuoli e battilori;
V’è lanaiuoli, orefici e merciai,
Notai, legisti, medici e dottori:
In somma quivi son gente e brigate
D’ogni sorta, chiedete e domandate.
10.
Sul colle compartisce questa gente
Amostante con tutti gli ufiziali:
Tra’ quali un grasso v’è convalescente,
Ch’aveva preso il dì tre serviziali,
E appunto al corpo far allor si sente
L’operazione e dar dolor bestiali;
Talchè gridando senz’alcun conforto,
In terra si buttò come per morto.

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11.
Il nome di costui, dice Turpino,
Fu Paride Garani; e il legno prese,
Perch’ei voleva darne un rivellino
A un suo nimico traditor francese,
Che per condurlo a seguitar Calvino
Lo tira pe’ capelli al suo paese,
E per fuggirne a’ passi la gabella,
Lo bolla, marchia, e tutto lo suggella16.
12.
Disse Amostante, visto il caso strano,
A Noferi di casa Scaccianoce:
Per ser Lion Magin da Ravignano,
Che il venga a medicar, corri veloce;
Io dico lui, perchè ce n’è una mano,
Che infilza le ricette a occhio e croce17,
O fa sopr’all’infermo una bottega18,
E poi il più delle volte lo ripiega19.
13.
Gloria cerca Lion più che moneta;
Perocch’ei bada al giuoco20 e fa progresso:
Per l’acqua in Pindo va come poeta;
Onde a’ malati dà le pappe a lesso.
Gli è quel che attende a predicar dïeta,
E farebbe a mangiar coll’interesso21;
Ma perchè già tu n’hai più d’uno indizio,
Va’ via, perchè l’indugio piglia vizio.

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14.
Noferi vanne, e sente dir ch’egli era
Con un compagno entrato in un fattoio22,
Ov’egli ha per lanterna, essendo sera,
L’orinal fitto sopra a un schizzatoio23,
E di fogli distesa una gran fiera,
Ha bello e ritto quivi il suo scrittoio;
Sicchè presto lo trova, e in sull’entrata
Dell’unto studio gli fa l’ambasciata.
15.
Ei, che alla cura esser chiamato intende,
Risponde, avere allora altro che fare;
Perchè una sua commedia ivi distende,
Intitolata Il Console di Mare24:
E che se l’opra sua colà s’attende,
Un buon suggetto è quivi suo scolare,
Di già sperimentato; ed in sua fece
Avría mandato lui: e così fece.
16.
Era quest’uomo un certo medicastro,
Che al dottorato25 suo fe piover fieno:
E perch’ei vi patì spesa e disastro,
È stato sempre grosso con Galeno.
E giunto là: vo’ far, disse, un impiastro;
Onde, se il mal venisse da veleno,
Presto vedremo: intanto egli si spogli,
E siami dato calamaio e fogli.

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17.
Mentre è spogliato, per la pestilenza
Ch’egli esala, si vede ognun fuggire:
Pervenne una zaffata26 a Sua Eccellenza,
Che fu per farlo quasichè svenire:
Confermata però la sua credenza,
Rivolto a’ circostanti prese a dire:
Questo è veleno, e ben di quel profondo:
Sentite voi ch’egli avvelena il mondo?
18.
Rispose il General commosso a sdegno:
Come veleno? oh corpo di mia vita!
E dove è il vostro naso e il vostro ingegno?
Lo vedrebbe il mio bue ch’egli ha l’uscita27.
A ciò soggiunse il medico: buon segno:
Segno, che la natura invigorita,
A’ morbi repugnante, adesso questo28
A’ nostri nasi manda sì molesto.
19.
Vedendo poi, che il flusso raccappella29,
Come quello che ha in zucca poco sale,
Comincia a gridar: guardia, la padella,
E (quasi fosse quivi uno spedale)
Chiama gli astanti, gl’infermieri appella,
Il cerusico chiede e lo speziale:
E venuto l’inchiostro, al fin si mette
A scrivere una risma di ricette.

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20.
Dove diceva (dopo milïoni
Di scropoli, di dramme e libbre tante)
Che, giacchè questo mal par che cagioni
Stemperamento forte, umor piccante,
Per temperarlo, Recipe in bocconi
Colla, gomma, mèl, chiara e diagrante30.
Quindici libbre in una volta sola
Di sangue se gli tragga dalla gola.
21.
Acciocchè tiri per canal diverso
L’umor, che tende al centro, ut omne grave;
Chè se durasse troppo a far tal verso,
Dir potrebbe l’infermo: addio, fave31.
Poi tengasi due dì capo riverso,
Legato ben pe’ piedi ad una trave:
Se questo non facesse giovamento,
Composto gli faremo un argomento32.
22.
Però presto bollir farete a sodo
Un agnello, o capretto, in un pignatto:
’N un altro vaso, nello stesso modo,
Un lupo, per insin che sia disfatto;
Poi fate un servizial col primo brodo,
E col secondo un altro ne sia fatto:
Farà questa ricetta operazione
Senz’alcun dubbio, ed ecco la ragione:

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23.
Questi animali essendo per natura
Nimici come i ladri del bargello,
Ritrovandosi quivi per ventura,
Il lupo correrà dietro all’agnello;
L’agnello, che del lupo avrà paura,
Ritirando s’andrà su pel budello:
Così va in su la roba e si rassoda,
E i due contrari fan che ’l terzo goda.33
24.
Ciò detto, rivoltossi al mormorío
Di quelle ambrette, ove a mestar si pose;
E, perch’elle sapean di stantío,
Teneva al naso un mazzolin di rose.
Soggiunse poi: costui vuol dirci addio;
Chè queste flemme putride e viscose
Mostran, che benaffetto agli ortolani
Ei vuol ire a ’ngrassare i petronciani34.
25.
In quel che questo capo d’assiuolo
Ne dice ognor dell’altra una più bella,
Tosello Gianni, il quale è un buon figliuolo,
Mosso a pietà, con una sua coltella
Tagliate avea le rame d’un querciuolo;
Sopr’alle quali a foggia di barella
Fu Paride da certi contadini
Portato a’ suoi poder quivi vicini.

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26.
Fu del Garani ascritto successore
Puccio Lamoni35, anch’ei grande ingegnere,
Bravissimo guerrier, saggio dottore,
Cortigiano, mercante, e taverniere.
Dicon ch’ei nacque al tempo delle more,
Perch’egli è di pel bruno e membra nere;
Or qua di Cartagena eletto duce36,
Il fior de’ mammagnuccoli37 conduce.
27.
L’armata avea tra gli altri un cappellano
Dottor, ma il suo saper fu buccia buccia;
Perocch’egli studiò col fiasco in mano,
Ed era più buffon d’una bertuccia.
Faceva da pittore, da Tiziano;
Ma quanto fece mai, n’andava a gruccia38:
Ebbe una chiesa, e quivi a bisca aperta
Si giuocò fino i soldi dell’offerta.
28.
Franconio si domanda Ingannavini:
E fu pregato, come il più valente,
Perch’egli sapea leggere i Latini,
A far quattro parole a quella gente.
Egli39, che aveva in casa il Coltellini
Già fatta una lezione e salla a mente,
Subito accetta, e siede in alto solio,
Senza mettervi su nè sal nè olio40.

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29.
Sale in bigoncia con due torce a vento,
Acciò lo vegga ognun pro tribunali:
Ove, mostrar volendo il suo talento,
Fece un discorso e disse cose tali,
Che ben si scorse in lui quel fondamento,
Che diede alla sua casa Giorgio Scali41:
E piacque sì, che tutti di concordia
Si messero a gridar misericordia.
30.
Il tèma fu di questa sua lezione,
Quand’Enea, già fuor del suo pollaio,
Faceva andare in fregola Didone,
Come una gatta bigia di gennaio:
E che se i Greci, ascosi in quel ronzone,
In Troia fuoco diedero al pagliaio,
E in man42 d’Enea posero il lembuccio,
Ond’ei43 fuggì col padre a cavalluccio;
31.
Così, dicea, la vostra e mia regina
Qui viva e sana, e della buona voglia,
Cacciata fu dall’empia concubina
Tre dita anch’ella fuor di quella soglia;
Però, se un tanto ardire e tal rapina
Parvi che adesso gastigar si voglia,
V’avete il modo, senza ch’io lo dica.
Io ho finito: il ciel vi benedica.

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32.
Poichè da esso inanimite furo
Le schiere, si portarono a’ lor posti:
E già sdraiato ognun, lasso, e maturo
In grembo al sonno gli occhi aveva posti;
Quando a un tratto le trombe ed il tamburo
Roppe i riposi e i sonni appena imposti;
Ma svanì presto così gran fracasso,
Chè ’l fiato al trombettier scappò da basso.
33.
E questo44 cagionò, che incollorito
Il Generale di cotanta fretta,
Con occhi torvi minacciò col dito,
Mostrando voler farne aspra vendetta.
Seguì, che un ufizïal suo favorito,
Che più d’ogn’altro meno se lo aspetta,
Toccò la corda45 con i suoi intermedi
De’ tamburini e trombettieri a’ piedi46.
34.
Alla corda così vuol che s’attacchi,
Perchè d’arbitrio e senza consigliarsi
Facea venir all’armi, allorchè stracchi
Bisogno avevan più di riposarsi:
Ed eran mezzi morti, e come bracchi
Givano ansando inordinati e sparsi:
E con un fior di lingue e orrenda vista
Soffiavan, ch’ i’ ho stoppato un alchimista47.

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35.
Amostante non solo era sdegnato
Che di suo capo e propria cortesia48,
Senza lasciar che l’uom riabbia il fiato,
Ei volesse attaccar la batteria;
Ma perchè seco aveva concertato,
Ch’egli stesso, che sa d’astrologia,
Vuol, prima che ’l nimico si tambussi,
Veder che in Cielo sien benigni influssi.
36.
Omai la fama, che riporta a volo
D’ogni intorno le nuove e le gazzette,
Sparge per Malmantil, che armato stuolo
Vien per tagliare a tutti le calzette49.
Già molti impauriti e in preda al duolo,
Non più co’ nastri legan le scarpette,
Ma con buone e saldissime minuge,
Perchè stien forti ad un rumores fuge.
37.
In tal confusïone, in quel vilume50,
All’udir quei lamenti e quegli affanni,
A molti ch’eran già dentro alle piume,
Lo sbucar fuori parve allor mill’anni:
Chi per vestirsi riaccende il lume,
Perocch’al buio non ritrova i panni;
Chi nudo scappa fuori, e non fa stima
Che dietro gli sia fatto lima lima51.

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38.
Perchè s’egli ha camicia o brache o vesta,
Non bada che gli facciano il baccano;
Bensì del tristo avviso afflitto resta,
Onde più d’un poi giuoca di lontano52:
Chi torna indietro a fasciarsi la testa,
E chi si tinge53 con il zafferano;
Chi dice che una doglia gli s’è presa,
Per non avere a ire a far difesa.
39.
Altri, che fugge anch’ei simil burrasca,
Finge l’infermo, e vanne allo spedale:
E benchè sano ei sia com’una lasca,
Col medico s’intende o col speziale;
Perchè all’uno ed all’altro empie la tasca
Acciò gli faccian fede ch’egli ha male:
Ed essi questo e quel scrivon malato:
E chi più dà, lo fan di già spacciato.
40.
Sicchè con queste finte e con quest’arte
Costor, che usan la tazza e non la targa,
Servir volendo a Bacco e non a Marte,
Che non fa54 sangue, ma vuol che si sparga,
D’uno stesso voler la maggior parte
Trovan la via di starsene alla larga;
Ed il restante, non sì astuto e scaltro,
Comparisce, perch’ei non può far altro.

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41.
Mentre in piazza si fa nobil comparsa,
Anche in palazzo armata la regina,
Con una treccia avvolta, e l’altra sparsa,
Corre alla malmantilica rovina;
Benchè ne’ passi poi vada più scarsa,
Perchè all’uscio da via mai s’avvicina.
Da sette volte in su già s’è condotta
Fino alla soglia, ma quel sasso scotta.
42.
Viltà l’arretra, onor di poi la ’nvita
A cimentar la sua bravura in guerra:
L’esorta l’una a conservar la vita,
L’altro a difender quanto può la terra.
Pur, fatto conto di morir vestita55,
Voltossi a bere; e divenuta sgherra
(Perocchè Bacco ogni timor dilegua)
Dice: o de’ miei, chi mi vuol ben mi segua.
43.
Dietro a’ suoi passi mettesi in cammino
Maria Ciliegia56, illustre damigella:
Tutto lieto la segue il Ballerino,
Che canta il titutrendo falalella57;
Va Meo58 col paggio; zoppica Masino,
Corre il Masselli, e il capitan Santella;
Molti e molt’altri amici la seguiro,
E più mercanti, c’hanno avuto il giro59.

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44.
La segue Piaccianteo suo servo ed aio,
Che in gola tutto quanto il suo si caccia:
Le cacchiatelle60 mangia col cucchiaio,
Ed è la distruzion della vernaccia.
Già misurò le doppie collo staio;
Finita poi, che fu quella bonaccia,
Pel contagio portò fin la barella:
Ed ora in corte serve a Bertinella.
45.
Comanda la padrona ch’egli scenda,
E stia giù fuori con gli orecchi attenti
Fra quelle schiere, finch’ei non intenda
A che fine son là cotante genti;
Ma quegli, al qual non piace tal faccenda,
Se la trimpella e passa in complimenti:
E perchè a’ fichi il corpo serbar vuole,
Prorompe in queste o simili parole:
46.
Alta Regina, perchè d’obbedire
Più d’ogni altro a’ tuoi cenni mi do vanto,
Colà n’andrò; ma, come si suol dire,
Come la serpe quando va all’incanto:
Non ch’io fugga il pericol di morire,
Perch’io fo buon61 per una volta tanto,
Ma perchè, s’io mi parto, non ti resta
Un uom, che sappia dov’egli ha la testa.

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47.
Non ti sdegnar s’io dico il mio pensiero;
Chè possibil non è ch’io taccia o finga:
E, s’e’ n’andasse il collo, sempre il vero
Son per dirti, e chi l’ha per mal, si cinga62.
Ti servirò di cor vero e sincero,
Senza interesse d’un puntal di stringa,
E non come in tua corte sono alcuni
Adulator, che fanno Meo Raguni63.
48.
Io dunque, che non voglio esser de’ loro,
Ma tengo l’adular pessimo vizio,
Soggiungo, e dico, per ridurla a oro64,
Che mal distribuito è questo ufizio,
E che non può passar con tuo decoro;
Poichè, mostrando non aver giudizio,
Un tuo aio ne mandi a far la spia,
Quasi d’uomin tu avessi carestia.
49.
Manda manda a spiar qualche arfasatto,
O un di quei65 che piscian nel cortile:
Questo farà il mestier come va fatto,
Senza sospetto dar nel campo ostile;
Ostile dico, mentre costa66 in fatto,
Che cinto ha d’armi tutto Malmantile.
Tal gente si può dire a noi contraria,
Perchè non vien quassù per pigliar aria.

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50.
E perch’ei non vorrebbe uscir del covo,
Soggiunge dopo queste altre ragioni;
Ma quella, che conosce il pel nell’uovo,
S’accorge ben che son tutte invenzioni;
Però, senza più dirglielo di nuovo,
Lo manda fuori a furia di spintoni;
E mentre ei pur volea ’mbrogliar la Spagna67,
Gli fa l’uscio serrar sulle calcagna.
51.
Sperante resta alla Regina intorno,
Spianator di pantondo riformato68:
Gridan69 le spalle sue remo e Livorno,
Ed ha un culo che pare un vicinato:
La pala nella destra tien del forno,
Nella sinistra un bel teglion marmato70
In cambio di rotella, che gli guarda
Da’ colpi il magazin della mostarda.
52.
De’ Rovinati71 anch’ei passò la barca;
Perchè la gola, il giuoco, e il ben vestire
Gli aveano il pane, la farina e l’arca
In fumo fatto andar come elisire;
Talchè cantando poi, come il Petrarca,
«Amore, io fallo, e veggo il mio fallire»
Al giuoco del Barone e alla Bassetta72
Giuocava, apparecchiando alla Crocetta73.

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53.
Fu dalle dame amato in generale
(Io dico dalle prime74 della pezza);
Poi Bertinella stavane sì male75,
Ch’ella fece per lui del ben bellezza76;
Perchè, spesa la roba, e concia male,
Fatta più bolsa d’una pera mezza,
Potea di notte, quanto a mezzo giorno,
Andar sicura per la fava al forno77.
54.
Ma poi, venuta quasi per suo mezzo
A porsi sopr’al capo la corona,
E lasciati di già gli stenti e il lezzo,
Profumata si sta nella pasciona78;
Ne ’mpazza affatto, e non lo vede a mezzo79:
E pospostane80 lei, ch’è la padrona,
E Martinazza, ch’è la salamistra,
Sperante sempre va in capo di listra.
55.
Or perch’egli è di nidio e navicello81,
E forte e sodo come un torrione,
Gli dà l’ufizio e titol di Bargello,
Colla solita sua provvisïone;
Perchè, se in questo caso alcun ribello
Si scuopre, facil sia farlo prigione;
Acciò sul letto poi di Balocchino82
Se gli faccia serrare il nottolino83.

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56.
Fa in tanto nel castel toccar la cassa84,
E inalberar la ’nsegna del carroccio;
E comandante elegge della massa
Il nobil cavalier Maso di Coccio,
Che ’n fretta alla rassegna se ne passa,
Colle schiere però fatte a babboccio85;
Che ad una ad una accomoda e dispone
Sotto sua guida e sotto suo campione.
57.
Il primo è il Furba, nobile stradiere,
Che non giuoca alla buona e meno a’ goffi86;
A’ noccioli87 bensì si fa valere,
Perch’ei dà bene i buffi, e meglio i soffi.
Il secondo è il Vecchina, il gran barbiere,
Che vuol che ognor si trinchi e si sbasoffi88;
E dove a mensa metter può la mano,
Si fa la festa di San Gimignano89.
58.
Dalle fredde acque90 il Mula i fanti approda
A spiaggia militar fra fronde e frasche:
Ha nobil bardatura tinta in broda
Di cedri e di ciriege d’amarasche.
Co’ pescatori al Mula ora s’accoda
Dommeo, treccon de’ ghiozzi e delle lasche.
Pericol Pallerino91 anch’ei ne mette
Dugento suoi, armati di racchette.

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59.
Melicche, cuoco, all’ordine s’appresta;
Per giannettina92 ha in mano uno stidione,
Ed un pasticio per visiera in testa,
Con pennacchio di penne di cappone;
Un candido grembiul per sopravvesta
Gli adorna il culo e l’uno e l’altro arnione;
Una zana è il suo scudo; e nell’armata
Conduce tutta Norcia e la vallata.
60.
L’unto Sgaruglia con frittelle a josa
Alla squadra de’ cuochi ora soggiugne
Quella de’ battilani assai famosa,
Gente, che a bere è peggio delle spugne:
A cui93 battiem, diceva, la calcosa94,
Ch’affeddeddieci là, dove si giugne,
Noi non abbiamo a scardassar più lana,
Ma s’ha far sempre la Lunediana95.
61.
Conchino di Melone ecco s’affaccia,
Che, l’osteria tenendo degli Allori,
Col fine96 e saldo d’un buon pro vi faccia
Ha dato un frego a tutt’i debitori;
Che tutti allegri e rubicondi in faccia,
Cantando una canzone a quattro cori,
Di gran coltelli e di taglieri armati,
Si son per amor suo fatti soldati.

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62.
Scarnecchia97, che di guerra è un ver compendio,
L’eroe degli arcibravi, e dico poco,
A cui dovrebbe dar piatto e stipendio
Chiunque governa in qualsivoglia loco,
Perchè, quando seguisse qualche incendio,
Ei fa il rimedio per guarir dal fuoco,
Mena gente avanzata a mitre e a gogne,
Da vender fiabe, chiacchiere e menzogne.
63.
Rosaccio98 con altissime parole,
Movendo il piè, racconta che a pigione,
Fa per quel mese dar la casa al sole,
E nel Zodiaco alloga lo Scorpione:
Così sballando simil ciance e fole,
Si tira dietro un nugol di persone.
Fa per impresa, in mezzo all’intervallo
Di due sue corna, un globo di cristallo.
64.
Sopra un letto ricchissimo fiorito
Portar Pippo99 si fa del Castiglione,
Ove coperto sta tutto vestito,
Chè in tal modo lo scalda al suo padrone;
E pur, se in arme ei non fu gran perito,
Guerrier comodo è almen nel padiglione.
Questo impera dal morbido piumaccio
A quelli del mestier di Michelaccio100.

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65.
A gire a Batistone101 adesso tocca,
Gran gigante da Cigoli, di quelli
Che vanno a côrre i ceci colla brocca102,
E batton colle pertiche i baccelli:
Per sue bellezze Amore ha sempre in cocca,
Per ferir dame, i dardi ed i quadrelli;
Fa il cavaliere nelle cavalcate,
E va spesso furiero alle nerbate.
66.
Cento suggetti egli ha della sua classe,
Anch’eglino pigmei distorti e brutti;
Fanti, che nacquer nelle Magne basse;
Ma sebben son piccini, e’ vi son tutti103.
Mangian spinaci104, arruffan105 le matasse,
Ed ha più vizi ognun di sei Margutti106:
Cosa è questa, che va pel suo diritto,
Chè non è in corpo storto animo dritto.
67.
Piena di sudiciume e di strambelli,
Gran gente mena qua Palamidone,
Che il giorno vanne a Carpi ed a Borselli107,
E la notte al Bargel porta il lancione108:
Maestro de’ bianti109 e de’ monelli,
E’ veste la corazza110 da bastone;
Perch’egli, quanto ogni altro suo allievo,
È tutto il dì figura di rilievo111.

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68.
Comparisce frattanto un carro in piazza
Da Farfarel tirato e Barbariccia112,
Ubbidïenti al cenno della mazza,
Soda, nocchiuta, ruvida e massiccia,
Con che la formidabil Martinazza
A lor, ch’è ch’è113, le costole stropiccia.
E quei demòni in forma di camozza114
Van tirando a battuta115 la carrozza.
69.
Costei è quella strega maliarda,
Che manda i cavallucci a Tentennino116,
Ed egli un punto a comparir non tarda,
Quand’ella fa lo staccio117 o il pentolino;
Come quand’ella s’unge e s’inzavarda118
Tutta ignuda nel canto del cammino,
Per andar sul barbuto119 sotto il mento
Colla granata accesa a Benevento.
70.
Ove la notte al Noce eran concorse
Tutte le streghe anch’esse sul caprone,
I diavoli e col bau le bilïorse120,
A ballare e cantare e far tempone;
Ma quando presso al dì l’ora trascorse,
Fa di mestieri battere il taccone:
Come a costei, che or viensene di punta121,
E in su quel carro nel castello è giunta.

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71.
E la cagion si è, ch’ella ne vada
Adesso a casa tutta in caccia e in furia,
L’aver veduto dentro alla guastada122
Un segno, che le ha data cattiv’uria123;
Perchè vi scorse una sanguigna spada,
Che alla sua patria minacciava ingiuria;
Perciò, se nulla fosse di quel regno124,
Ne viene anch’essa a dare il suo disegno125.
72.
Fuggì tutta la gente spaventata
All’apparir dell’orrido spettacolo;
La piazza fu in un attimo spazzata,
Pur un non vi rimase per miracolo.
Così correndo ognuno all’impazzata,
Si fa l’un l’altro alla carriera ostacolo;
Chi dà un urton, quell’altro dà un tracollo,
Chi batte il capo, e chi si rompe il collo.
73.
Figuriamci vedere un sacco pieno
Di zucche o di popon sopra un giumento,
Che, rottasi la corda, in un baleno
Ruzzolan tutti fuor sul pavimento,
E nell’urtarsi batton sul terreno;
Chi si percuote, e chi s’infrange drento,
Chi si sbuccia in un sasso, e chi s’intride,
Ed un altro in due parti si divide.

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74.
Così fa quella razza di coniglio;
Che, nel fuggir la vista di quel cocchio,
Chi si rompe la bocca o fende un ciglio,
E chi si torce un piede e chi un ginocchio;
A talchè, nel veder quello scompiglio,
Io ho ben preso, dice, qui lo scrocchio126,
Mentre a costor così comparir volli:
Sapeva pur chi erano i miei polli.
75.
Scese dal carro poi, per impedire
Così gran fuga e rovinosa fola127;
Ma quei viepiù si studiano a fuggire,
E mostra ognun se rotte ha in piè le suola;
Chè finalmente, come si suol dire,
Chi corre corre, ma chi fugge vola;
Ond’ella, benchè adopri ogni potere,
Vede che farà tordo a rimanere128.
76.
Perciò si ferma strambasciata e stracca;
Ritorna in dietro, ed un de’ suoi caproni
Dalla carretta subito distacca,
E gli si lancia addosso a cavalcioni;
Così correndo, tutta si rinsacca,
Perchè quel diavol vanne balzelloni.
Pur dicendo: arri là, carne cattiva,
Lo fruga sì, che al fin la ciurma arriva.

Note

  1. St.2 A brace. senza regola. Vedi c. II, 10.
  2. St.3 Geloni. Popoli di Scizia. Qui gelo.
  3. L'osteria de' cani. Le pozze d’acqua che son per le vie e che gelate non offron più il bere a’ cani.
  4. Presto. Monte di pietà.
  5. Tabì. Drappo leggieri di seta.
  6. Crocchioni. Cicaloni che volentieri stanno a crocchio.
  7. Caldani. Bracieri, intorno a cui mettonsi i crocchioni, e vi vanno, vi si calano come ad assedio.
  8. St. 5 Faverella. Una specie di tórta che mettevasi tra il cinto erniario (brachiere) e l’ernia, come rimedio di quel male.
  9. Cruscherella è un giuoco che si fa mescolando molte piccole monete in un mucchio di crusca, del quale fannosi poi tanti mucchietti quanti sono i giocatori. Ognuno fruga nel suo mucchietto, e le monete che trova, son le sue.
  10. St. 6 A petronciano Grosso e paonazzo, come un petronciano o petonciano, che dicesi anche marignano e melanzano: è un frutto di forma ovale; la pianta è del genere dei solani.
  11. St. 7 Sonare. Opposto a ballare qui sta per bastonare, percuotere.
  12. St. 8 Stampita. Romore, chiasso, bordello, quasi stimpanata.
  13. Sante nocca. Solenni pugni.
  14. Col Batti ecc. La plebe fiorentina dividevasi già in tante compagnie che chiamavano Potenze; e ciascuna aveva un capo e un’insegna. Quella del Batti era dei battilani, quella del Tessi e Biliemme era dei tessitori di lana.
  15. St. 9 Uomin di conto. Più che persone ragguardevoli, qui si è voluto dire computisti
  16. St. 11. In tutta questa stanza si descrive assai piacevolmente un malato di sifilide. Il legno è il decotto di Legno Santo; il nemico francese a cui si vuol dare una buona quantità (rivellino) di busse con quel legno, s’intende bene chi è, e come faccia calvinisti i suoi prigionieri.
  17. St. 12. A occhio e croce. Termine meccanico, e vale senza le dovute regole d’arte.
  18. Fare una bottega. Allungare, qui, il male.
  19. Ripiegare. Far morire, quasi assettargli i panni addosso per seppellirlo.
  20. St. 13. Al giuoco. Alla professione.
  21. L'interesso.L’usura mangia, consuma i capitali dì e notte.
  22. St. 14 Fattoio. Frantoio, mulino da olio.
  23. Schizzatoio. Canna da clisteri.
  24. St. 15. Il Console ecc. Il vero titolo di questa commedia del Maniglia (Lion Magin) è La Serva nobile.
  25. St. 16. Al dottorato. Nell’addottorarsi.
  26. St. 17. Zaffata. Liquore ovvero odore in quantità, che improvvisamente ci percuote il senso.
  27. St. 18. Uscita. Soccorrenza, diarrea.
  28. Questo morbo, puzzo. Si osservi il parlare spropositato ma dottorale di costui.
  29. St. 19. Raccappella. Reitera.
  30. St. 20. Diagrante è una specie di gomma.
  31. St. 21. Addio, fave. Così disse un tale che scommesse e perdè un campo di fave: onde il detto vale Tutto è perdutto.
  32. Argomento Serviziale.
  33. St. 23. Questa stanza, per esser delle più belle nel suo genere, è divenuta popolarissima.
  34. St. 24. Ingrassare ecc. Vuol morire. Nomina i petronciani per qualsiasi altra pianta. Vedi st. 6.
  35. St. 26. Puccio Lamoni. Paolo Minucci, il comentatore del Malmantile Racquistato.
  36. Duce di Cartagena. Espertissimo giocator di carte.
  37. Mammagnuccoli. Così chiamavansi una società di giocatori.
  38. St. 27. Andare a gruccia. Essere stroppiato. Offerta dicesi quel tanto che danno alla chiesa in certe occasioni certe pie confraternite.
  39. St. 28. Egli che aveva già fatta una lezione in casa Coltellini ecc.
  40. Senza mettervi ecc. Subitamente, come chi per mangiar presto una vivanda, non la condisse.
  41. St. 29. A Giorgio Scali, che nel 1381 tentò avventatamente in Firenze un rivolgimento politico, fu mozzo il capo.
  42. St. 30. E in man ecc. Mandaron via. Piglia il lembo, piglia il cencio dicevasi da’ maestri di bottega a’ garzoni, e intendevasi, Vattene.
  43. Ond'ei ecc. Enea propriamente fuggì col padre, portandolo a pentolino, perchè Virgilio gli fa dire: Cave pater, cervici imponere nostræ. Il portare a cavalluccio è quando il portato, avvolte le braccia al collo del portante, glie le stringe sul petto, e il portante ricinge colle sue braccia le gambe del portato che lo inforca ai fianchi. Questo a Siena dicesi a saccaceci, e altrove a ciarpello.
  44. St. 33. E questo ecc. Lo scappar del fiato da basso per la paura, fu effetto di ciò, che il generale ecc.
  45. Toccò la corda. Ebbe dei tratti di corda.
  46. Ai piedi. Legatigli ai piedi.
  47. St. 34. L'ho stoppato. ecc. Soffiavan sì, che io ne disgrado un alchimista. Gli alchimisti soffiavano assai nel fuoco per ottenere temperature elevatissime.
  48. St. 35. Propria cortesia. Senza che altri ne lo richieda.
  49. St. 36. Calzette. Gambe; e intende ferire in genere.
  50. St. 37. Vilume. Volume; viluppo, tafferuglio.
  51. Fare o Dir lima lima. Beffare. È un detto insieme e gesto che i bambini si fanno, fregandosi in punta gl’indici delle due mani.
  52. St. 38. Giuoca di lontano. Se ne sta alla larga.
  53. Si tinge. ecc., per fare il viso giallo da ammalato.
  54. St. 40. Non fa. Non si converte in sangue, come il vino (Bacco).
  55. St. 42. Muor vestito chi muore in guerra.
  56. St. 43. Maria Ciliegia. Questa donna creduta pazza, è personaggio storico; e il Minucci ce la dà per un Diogene fiorentino in gonnella.
  57. Titutrendo Falalella. Sillabe che si cantavano per imitare il suono del chitarrino.Sillabe che si cantavano per imitare il suono del chitarrino.Sillabe che si cantavano per imitare il suono del chitarrino.
  58. Meo. ecc. Uomini mezzo matti o stroppiati, che vivevano, dice il Minucci, provvisionati dal Palazzo. Nella immensa famiglia degl’impieghi, questa è ora una specie estinta.Meo. ecc. Uomini mezzo matti o stroppiati, che vivevano, dice il Minucci, provvisionati dal Palazzo. Nella immensa famiglia degl’impieghi, questa è ora una specie estinta.Meo. ecc. Uomini mezzo matti o stroppiati, che vivevano, dice il Minucci, provvisionati dal Palazzo. Nella immensa famiglia degl’impieghi, questa è ora una specie estinta.
  59. Il giro. Qui vuol dire gente impazzata; ma nel proprio, Giro de’ Mercanti si diceva, quando un banchiere teneva in mano il danaro di tutta la piazza.Il giro. Qui vuol dire gente impazzata; ma nel proprio, Giro de’ Mercanti si diceva, quando un banchiere teneva in mano il danaro di tutta la piazza.Il giro. Qui vuol dire gente impazzata; ma nel proprio, Giro de’ Mercanti si diceva, quando un banchiere teneva in mano il danaro di tutta la piazza.
  60. St. 44. Cacchiatello. Specie di pane finissimo.St. 44. Cacchiatello. Specie di pane finissimo.St. 44. Cacchiatello. Specie di pane finissimo.
  61. St. 46. Fo buon. ecc. È certo che non potrei morire più che una volta.St. 46. Fo buon. ecc. È certo che non potrei morire più che una volta.St. 46. Fo buon. ecc. È certo che non potrei morire più che una volta.
  62. St. 47. Si cinga. Prenda a sostenere il contrario anche con la spada, chè io gli risponderò.St. 47. Si cinga. Prenda a sostenere il contrario anche con la spada, chè io gli risponderò.St. 47. Si cinga. Prenda a sostenere il contrario anche con la spada, chè io gli risponderò.
  63. Raguni. Ragunare, ammassar danaro.Raguni. Ragunare, ammassar danaro.Raguni. Ragunare, ammassar danaro.
  64. St. 48. Ridurla a oro. Concludere.St. 48. Ridurla a oro. Concludere.St. 48. Ridurla a oro. Concludere.
  65. St. 49. Un di color. ecc. Che fan la spia, perchè aggirandosi molto per la corte del Bargello, ivi gli occorron bisogni.St. 49. Un di color. ecc. Che fan la spia, perchè aggirandosi molto per la corte del Bargello, ivi gli occorron bisogni.St. 49. Un di color. ecc. Che fan la spia, perchè aggirandosi molto per la corte del Bargello, ivi gli occorron bisogni.
  66. Costa. Consta, è manifesto. Questa parola pronunciata coll’aspirazione fiorentina, fa bisticcio con ostile.Costa. Consta, è manifesto. Questa parola pronunciata coll’aspirazione fiorentina, fa bisticcio con ostile.Costa. Consta, è manifesto. Questa parola pronunciata coll’aspirazione fiorentina, fa bisticcio con ostile.
  67. St. 50. Imbrogliar la Spagna. Vale semplicemente imbrogliar con chiacchiere.St. 50. Imbrogliar la Spagna. Vale semplicemente imbrogliar con chiacchiere.St. 50. Imbrogliar la Spagna. Vale semplicemente imbrogliar con chiacchiere.
  68. St. 51. Riformato. Si chiama il soldatoSt. 51. Riformato. Si chiama il soldatoSt. 51. Riformato. Si chiama il soldato che abbia il congedo per infermità. A questo Sperante fornaio si fece realmente serrar bottega.che abbia il congedo per infermità. A questo Sperante fornaio si fece realmente serrar bottega.che abbia il congedo per infermità. A questo Sperante fornaio si fece realmente serrar bottega.
  69. Gridan ecc. Ha quelle ampie spalle che si cercano in Livorno per aver buoni rematori.Gridan ecc. Ha quelle ampie spalle che si cercano in Livorno per aver buoni rematori.Gridan ecc. Ha quelle ampie spalle che si cercano in Livorno per aver buoni rematori.
  70. Teglion marmato. Coperchio fatto di marmo, minutamente pesto, e terra, col quale, sendo infocato, si cuoprono le teglie o tegami per rosolare la vivande. (Minucci.)Teglion marmato. Coperchio fatto di marmo, minutamente pesto, e terra, col quale, sendo infocato, si cuoprono le teglie o tegami per rosolare la vivande. (Minucci.)Teglion marmato. Coperchio fatto di marmo, minutamente pesto, e terra, col quale, sendo infocato, si cuoprono le teglie o tegami per rosolare la vivande. (Minucci.)
  71. St. 52 De' rovinati ecc. Allude a un poemetto, allora noto, intitolato La barca de’ Rovinati. - Fallire, intendi: far fallimento.St. 52 De' rovinati ecc. Allude a un poemetto, allora noto, intitolato La barca de’ Rovinati. - Fallire, intendi: far fallimento.St. 52 De' rovinati ecc. Allude a un poemetto, allora noto, intitolato La barca de’ Rovinati. - Fallire, intendi: far fallimento.
  72. Barone, Bassetta, Giuochi noti; il primo di dadi, l’altro di carte; posti in senso traslato, per significare baro e basso.Barone, Bassetta, Giuochi noti; il primo di dadi, l’altro di carte; posti in senso traslato, per significare baro e basso.Barone, Bassetta, Giuochi noti; il primo di dadi, l’altro di carte; posti in senso traslato, per significare baro e basso.
  73. Crocetta. Palazzo e vicino convento di Firenze. Far crocette vale mangiar poco o punto, forse perchè il non mangiare fa sbadigliare, e nello sbadigliare alcuni usano segnarsi col pollice una croce in bocca.Crocetta. Palazzo e vicino convento di Firenze. Far crocette vale mangiar poco o punto, forse perchè il non mangiare fa sbadigliare, e nello sbadigliare alcuni usano segnarsi col pollice una croce in bocca.Crocetta. Palazzo e vicino convento di Firenze. Far crocette vale mangiar poco o punto, forse perchè il non mangiare fa sbadigliare, e nello sbadigliare alcuni usano segnarsi col pollice una croce in bocca.
  74. St. 53 Dalle prime ecc. Di prima classe.St. 53 Dalle prime ecc. Di prima classe.St. 53 Dalle prime ecc. Di prima classe.
  75. Stava sì male. Ne fu tanto innamorata.Stava sì male., Ne fu tanto innamorata.Stava sì male., Ne fu tanto innamorata.
  76. Del ben bellezza.. Fece scialo del suo avere.Del ben bellezza.. Fece scialo del suo avere.Del ben bellezza.. Fece scialo del suo avere.
  77. Per la fava al forno. Per ogni sua bisogna, sceglie forse la fava e il forno per dar luogo ad equivoci.Per la fava al forno.Per ogni sua bisogna, sceglie forse la fava e il forno per dar luogo ad equivoci.Per la fava al forno.Per ogni sua bisogna, sceglie forse la fava e il forno per dar luogo ad equivoci.
  78. St. 53 Pasciona. Pascolo, abbondanza, comodità.St. 53 Pasciona. Pascolo, abbondanza, comodità.St. 53 Pasciona. Pascolo, abbondanza, comodità.
  79. Non lo vede a mezzo. Non le par di godere nemmen per metà la vista di lui, tanto l’ama.Non lo vede a mezzo. Non le par di godere nemmen per metà la vista di lui, tanto l’ama.Non lo vede a mezzo. Non le par di godere nemmen per metà la vista di lui, tanto l’ama.
  80. E pospostane ecc. E dopo Bertinella e la dottoressa E pospostane ecc. E dopo Bertinella e la dottoressa E pospostane ecc. E dopo Bertinella e la dottoressa Martinazza, direttrice del governo, il primo in lista nello stato di Malmantile è lo Speranto.
  81. St. 55 Di nidio e navicello. Astuto e lesto.
  82. Letto di Balocchino. Le forche: da un ladro di questo nome che fu impiccato.
  83. Serrare il nottolino. Strozzare. Nottolino è il capo della trachea che forma quella protuberanza chiamata il pomo d’Adamo, il quale, perchè va in su e in giù, come, un nottolino da usci e finestre, ha preso questo nome.
  84. St. 56 La cassa. Il tamburo.
  85. A babboccio. In confuso, alla peggio.
  86. St. 57 Buona. Goffi. Giuochi di carte (Nè buongoffo).
  87. A’ noccioli. Molti giuochi fanno i bambini coi noccioli delle pèsche, e nel giocare danno a questi noccioli buffetti e soffi per farli arrivare al punto voluto (buffare, soffiare, far la spia).
  88. Sbasoffiare. Mangiare ingordamente.
  89. San Gemignano è grossa Terra di Toscana, e la maggior festa del paese è quella di Santa Fine (finire).
  90. St. 58 Dalle fredde. ecc. Così dice perchè il Mula fu un acquacedrataio e venditore di acque diacciate, di quelli che si vedono in Firenze vender le loro merci su panchetti ornati di frondi e frasche.
  91. Pallerino, perchè questo Pericolo fu bravissimo giocatore di palla a corda.
  92. St. 59. Giannettina. Specie d’arme in asta.
  93. St. 60. A cui. Ai quali battilani.
  94. La calcosa, da calcare, la strada. Costui parla in gergo.
  95. Far la lunediana. Far la festa del lunedì.
  96. St. 61. Col fine. ecc. Non potendo costui riscuotere da’ suoi debitori, fallì, e indispettito bruciò i libri di credito.
  97. St. 62. Scarnecchia. Ciarlatano Ammazzasette, che vendeva unguento da guarir le scottature.
  98. St. 63. Rosaccio. Era uno che sballava assai spropositi di cose astronomiche.
  99. St. 64. Pippo. ecc. Un servo di casa Castiglione, un bell’umore, che fra le altre fece questa di mettersi nel letto del padrone per riscaldarglielo.
  100. Il mestiere del Michelaccio.è quello di Mangiare, bere e andare a spasso.
  101. St. 65. Batistone fu un nano a corte, gran vagheggino, buon cavallerizzo, che toccò spesso di buone nerbate, onde ne è detto foriere.
  102. La brocca, qui è una certa fiscella, che messa in cima a un palo serve a cogliere i fichi che non si arrivan colle mani.
  103. St. 66. E' vi son tutti. Sono . maliziosissimi.
  104. Spinaci (spia)
  105. Arruffan ruffiano.
  106. Margutte, scaltro e scellerato nano nel Morgante del Pulci.
  107. St. 67 Carpi nel Modenese. Borselli nel Fiorentino (carpitore, borsaiuolo).
  108. Lancione. Arme che qui si dà alle guardie del bargello.
  109. Bianti. Vagabondi.
  110. Corazza che lo difenda dai colpi di bastone.
  111. Rilievo. Tutto il dì rileva, busca, tocca di buone busse.
  112. St. 68 Farfarel, Barbariccia. Nomi di due diavoli.
  113. Ch'è ch'è. Ogni poco.
  114. Camozza. Capra salvatica.
  115. A battuta, non di musica ma di mazza.
  116. St. 69 Che manda. ecc. Che costringe il diavolo a venire, cavalluccio dicevasi la carta ove era scritta la citazione in giudizio per cosa criminale; da un uomo a cavallo che in essa era figurato.
  117. Lo staccio. ecc. Certi incantesimi.
  118. S'inzavarda. S’impiastra tutta.
  119. Il barbuto. Il diavolo in forma di caprone.
  120. St. 70 Bau, Biliorse. Essere della famiglia degli Orchi, Befane, Versiere e simile genía.
  121. Di punta. Dritto difilato.
  122. St. 71 Guastada. ecc. Vaso di vetro pieno d’acque incantate, entro cui le streghe pretendono vedere e far vedere diavoli e mille altre cose belle.
  123. ò- Cattiv'uria. Cattivo augurio.
  124. Se nulla ecc. Per tutto quel che potesse accadere.
  125. Disegno. Divisamento, consiglio.
  126. St. 74. Scrocchio. Errore. Mi sono ingannata a partito.
  127. St. 75. Fola. Folata, moltitudine in movimento.
  128. Tordo a rimanere chiamasi nel giuoco de’ tordi quella palla che, dovendo passare di là da un certo punto, resta invece di qua, Vale qui dunque: non li raggiungerà.