Liriche (Corazzini 1935)/Dolcezze/Follie

Dolcezze - Follie

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FOLLIE



Madonna, in vano anelo
vostre dolci parole,
per me non v’è più sole,
per me non v’è più cielo.

Io sono come avvolto
in un sogno, in un sogno
triste; io non agogno
più nulla; io non ascolto

più nulla. Il cuore trema
a volte, forte: io penso
che sia la fine, io penso
l’unione suprema.

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Oh la piccola bara,
ricordo, i tetri cerei
e gli arazzi funerei,
e poi la folla ignara,

e la dolente, l’organo
molle e profondo, i chini
frati benedettini
che par da terra sorgano

ne la penombra delle
colonne, fra gli altari
fiammeggianti, con varî
aspetti; e le sorelle

candide, per i banchi
lunghi, oranti, soave
coro, ne la lor grave
veste e la corda ai fianchi,

e tu, e tu, mio amore,
piccola, fra le rose
che la mia mano pose
su la fronte, su ’l cuore,

ne le mani conserte,
sopra i piedini lievi
— e tu non le vedevi
con le pupille aperte —

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rose dovunque, fra i
capelli ch’io non sciolsi,
capelli per cui colsi
rose odorate mai,

su la bocca che rise,
che rise e poi si tacque
come gorgoglio d’acque
d’un sùbito divise,

su gli occhi dolci avvinti
da una visione
ignota e poi corone,
di gigli, di giacinti,

una pioggia di petali,
e tu, e tu, mio amore
che godevi nel cuore
d’una gioia secreta

intensa, immensa e pura!
O morta ch’eri in cielo
e nel mio cuore anelo
di te, di te, creatura,

per cui arsero tutte
le mie fiammee voglie
e cadder come foglie
le speranze distrutte.

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E poi la terra breve
il cipresso diritto
come lancia, lo scritto
sopra il marmo di neve,

la croce che non seppe
Gesù, le spine, i chiodi,
i pianti che non odi
di chi, di chi non seppe

adorarti a bastanza
e le tombe e i cipressi
immobili lungh’essi
i viali ove danza

monna Morte ghignando,
e i cancelli che stridono
a ogni bara, a ogni grido
lugubre a quando a quando

i fiori gialli che
il morto volle seco
per dirsi: «altrove io reco
fiori di terra», e

le lampadette, stelle
di cimitero, tetre
su le gelide pietre,
lugubre sentinelle,

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e le grandi, notturne
ali, solcanti l’ombra
paurosa che ingombra
le tombe, i marmi, le urne...

Madonna, perdonate
se vi pensai, se forse
troppo il pensier corse.
Madonna perdonate.

Io vi vidi, tranquilla
in una bara morta,
e vi sognai risorta
e il sogno ancor m’assilla

onde vano è il martoro
che l’anima dilania,
insana è questa smania
per le tue ciglie d’oro,

per le pupille gravi
di ombre, or nella morte
profondamente assorte
come quando sognavi,

per la tua bocca rossa
che non ho mai baciata
e che pure m’ha data
la dolorosa scossa,

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per le tue mani stanche,
per le tue mani molli
che toccare non volli
(erano tante bianche!),

per la voce che mai
non seppi, per i gesti
ignoti per le vesti
che avevi e che ora avrai

nella semplice bara
fiorita; in somma tutto
amo di te, il mio lutto
sei tu, piccola cara!

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Ohimè, dolce Madonna,
perdonate se forse
troppo il pensiero corse
pensandovi, Madonna,

Voi siete il Sole, io sono
un pazzo che lo segue
e non concede tregue
allo spirto mai prono,

e come suo bagliore
i cieli azzurri infiamma,
s’agita la gran fiamma
del mio inutile amore!