Lezioni di eloquenza/Lezione I/Capitolo V

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CAPITOLO V.


La letteratura è annessa alla lingua


I. Ogni Nazione ha una lingua. Ogni Letterato deve parlare alla sua nazione con la lingua patria. Il pensiero non è rappresentato che dalla parola.

Per rappresentare il pensiero bisogna dunque conoscere il valore della parola; il valore della parola consiste nel suo significato primitivo ed originale, nel conflato dei significati minimi ed accessorii provenuti dal tempo nel suono meccanico della parola.

Il significato primitivo d’ogni vocabolo è da desumersi dai primi ed originali scrittori della lingua, e delle lingue che ne furono madri; il conflato delle idee accessorie è da distinguersi negli scrittori d’ogni secolo della [p. 99 modifica]stessa lingua, d’età in età sino a’ dì nostri, e specialmente ne’ poeti maggiori, perchè più degli altri si valsero di significati metaforici nei vocaboli. Finalmente il suono meccanico, o ha qualche analogia con l’oggetto che rappresenta, ed ha in questa parte valore assoluto; o produce armonia, il che accade le più volte per la combinazione di suoni degli altri vocaboli che lo accompagnano, ed in questo caso ha in ciò valore relativo. Ogni concorso di parole parla per conseguenza al raziocinio per mezzo del significato primitivo, alla fantasia per mezzo delle idee concomitanti, e all’orecchio per mezzo dei suoni. Ora questo valore risulta dal concorso de’ grandi scrittori, e dai vocaboli che sono depositari di questo concorso.

II. Quindi dalla combinazione delle voci, e dal loro concorso ogni lingua ricava tempra, movimento, ed armonia tutta propria, come ogni nazione ha la sua fisonomia. Quest’indole interna, e queste esterne sembianze che risiedono nel clima, e nella costituzione organica della nazione che parla la lingua, e che si trasfondono abbellite e depurate nei sommi scrittori, sono poi ridotte a stabile ed ordinata ragione grammaticale, che non si [p. 100 modifica]deve sì di leggieri violare senza ragione necessaria ne’ soggetti che si trattano, conveniente all’intelligenza comune, e sopra tutto analoga all’indole, ed alla fisonomia della lingua, perchè ritenendo la stessa università di voci, e lo spirito di fraseggiare, cangia in proprie e naturali anche le proprie mutazioni. Ogni autore deve dunque non solo conoscere il valore delle voci, ma serbare bene anche l’andamento e le sembianze della propria lingua. Ogni animale, ogni pianta, ogni ente qualunque che abbia azione sugli altri perde la bellezza e l’originalità ed il vigor natio, quando è trasportato fuori del clima assegnatogli dalla natura, o quando il tronco per cui si propaga riceve innesti stranieri e non omogenei. Così violando con modi stranieri la lingua, la sua tempra verrebbe ad imbastardirsi, non avrebbe più nè fisonomia nazionale, nè originalità di sembianze proprie agli altri idiomi. Ogni pagina di uno scritto acquisterebbe certo aspetto di ambiguità, e poi il letterato avrebbe apparenza di plagiario, l’idioma di povertà, e la nazione di servitù; l’uso dei modi stranieri farebbe a poco a poco obbliare i natii, e l’obblio degli antichi modi si diffonderebbe sugli antichi ed originali scrittori [p. 101 modifica]della nazione, e la lingua finalmente perdendo la sua beltà, le sue grazie ed il suo vigore originale, ed il testimonio de’ primi padri della letteratura nazionale, porrebbe gli autori nel bivio, o di scrivere barbaramente per essere letti, o di scrivere puramente per non essere intesi. Quindi l’ultima corruzione delle lingue.

III. Ogni lingua ha le sue età come ogni ente che vive cresce ed invecchia, ha le apparenze della propria stagione, come ogni popolo cangia di fogge, di generazione in generazione. Ogni autore adunque conservando il valore della parola, e la fisonomia delle lingue, deve adattar loro le fogge del suo secolo, perchè gli uomini non amano e non cercano se non ciò che sentono e comprendono, e non sentono e non comprendono se non ciò che tocca dappresso lo stato di società, di usi e di idioma in cui vivono. Queste foggie consistono più nello stile che nella lingua.

Da questo capitolo quinto apparirà. I. Perchè molti scienziati se studiassero la loro lingua, anzichè scriverla barbaramente come fanno, l’arricchirebbero. II. Perchè molti scrittori pieni di ottime idee, e dotati con somma proprietà di idioma, ma con imitazione delle [p. 102 modifica]frasi boccaccesche e sì fatte, sieno obbliati nelle biblioteche.