Lettere (Sarpi)/Vol. II/255

CCLV. — Al signor De l’Isle Groslot

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CCLV. — Al signor De l’Isle Groslot
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CCLV. — Al signor De l’Isle Groslot.1


Nelli molti mesi passati, che io non ho avuto nuova alcuna di V.S., sono vissuto in molta sollecitudine che non succedesse cosa contraria alla sanità e prosperità sua. Per le quali ho fatto continua insistenza con le preghiere appresso la Maestà divina, e con intenso desiderio di aver un giorno buon avviso dello stato della persona e delle cose sue. Mi ha, poi, levato gran parte della gelosia una lettera dell’illustrissimo ambasciator Gussoni, dove m’avvisa Lei trovarsi in Parigi, se bene mi fa una dispiacevole aggiunta, dicendomi che sia inchiodata dalla podagra. Io voglio sperare che cotesta indisposizione [p. 437 modifica]terminerà in bene. La prego, intanto, a darmi qualche avviso delle cose sue, e della speranza che vi possa essere di veder migliorarsi le pubbliche, avendo gran desiderio che la corrispondenza interrotta sia restituita. Il che desidera anco sommamente monsieur Assellineau, il quale come m’ha comunicato il dispiacere che sentiva per non intendere nuova di Lei, così avendogli riferito che si ritrova in Parigi, ne ha sentito gran piacere, e spera che rimessa la indisposizione della podagra, gli farà grazia di qualche lettera.

Nelli tempi passati, per scriver alcuna cosa con sicurezza, e liberarsi dalla lunghezza che porta la cifra alfabetaria, io inventai quella traspositiva, nella quale però erano tre grandi imperfezioni. L’una, che non liberava dall’alfabetaria, perchè un solo nome proprio posto in qualunque luogo, o anco qualche principale, poteva dar indizio del contenuto: la seconda, perchè un minimo fallo commesso in qualunque luogo, faceva rimaner il tutto inintelligibile: e la terza, perchè gli articoli o congiunzioni potevano generar difficoltà se dovessero restar congiunti o separati dal principale. A queste mi pare aver intieramente rimediato. Alla prima, con divider i nomi propri e importanti in due o più parti, eziandio se bisognasse a lettera per lettera, in modo che non vi è alcun bisogno di cifra alfabetaria. Alla seconda è rimediato con le caselle segnate, sì che intervenendo un errore, non può intervenir tra l’una e l’altra, e non si comunica a tutta la narrativa; onde è facile correggerlo. Alla terza ancora è rimediato con separar quel tanto che va in una casella, con la virgola; in maniera che in una casella si [p. 438 modifica]possono metter tre e quattro parole, o anco mezza sola, che rende inesplicabile totalmente a chi non ha la contracifra. Ne mando un esempio, acciò, quando piaccia a V.S. farmi grazia della comunicazione sua, possi valersi di quel modo. Io non l’userò sin che non abbia avviso da lei della ricevuta.2

Resto continuando le mie preghiere a Dio, che doni a V.S. ogni prosperità, e a me potere d’impiegarmi nella servitù di Lei; alla quale, per fine di questa, bacio la mano.

Di Venezia, il 21 dicembre 1617.




Note

  1. Pubblicata nella raccolta di Ginevra, pag. 571.
  2. Fa proprio compassione il vedere un sapientissimo vegliardo stillarsi il cervello in coteste inezie da giovani amanti, per salvare i suoi scritti dallo spionaggio e dalla feroce rabbia degli ipocriti.