Lettere (Andreini)/Lettera V

V. Segni di perfetto amore.

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Segni di perfetto amore.


S
E per mezo de i travagli si conosce la perfettione dell’huomo non vi dee punto dispiacere d’esser come siete travagliato, perche la virtù cresce nelle avversità, e i travagli sono dottrina dell’huomo. Le persone giuditiose debbono nelle avversità valersi della prudenza, e non del pianto, e debbono haver per compagna la speranza, e non la disperatione, laquale suol dar inditio manifesto di viltà d’animo. Non allontanate da voi carissimo Amico mio sopra ’l tutto la Patienza,

[p. 5v modifica]perche per liberarsi da gli affanni non ci trovo altro rimedio, che ’l sopportargli patientemente. Lo sperar nel mondo felicità è infelicità, e nel mondo non è felice se non quegli, che muor in fasce. Mi scrivete, che dubitate questa sventura esser principio di maggior male, & io spero, che sarà fine di tutti i vostri dispiaceri, e benche non si possa questa vita infelice campar da sinistri avvenimenti, tuttavia il saper dell’uomo mitiga ogni amaritudine, e l’uso rende men noiose le cure del mondo, & è di necessità, poiche gli accidenti non s’accomodano alla volontà nostra, che noi ci accomodiamo à quelli, chi s’avezza à i travagli hà per riposo il travagliare, oltre di ciò dovreste ricordarvi, che l’huomo è essempio d’infermità, preda del Tempo, gioco della Fortuna, imagine di ruina, e bilancia d’invidia, il che potrebbe assicuravi quando consideraste, che niuna cosa può campare alcun vivente dalle avversità, da i travagli, e da i dolori, ancorch’egli fosse nell’Isola Taprobana dove c’è chi dice, che senza dolor si vive; dunque, se questo è vero, come creder dobbiamo, perche tanto affliggersi? essendo che chi nasce in questo Mondo, non dee d’altro esser certo, che di penar, e di morire: è cosa da poco savio à mio giuditio l’haver dolore di quelle cose, che non si possono fuggire, e quando la mestitia, e ’l pianto potessero alle turbolenze sottrarvi loderei la vostra melanconia, e le vostre lagrime, e vorrei non pur accompagnarvi di compassione; ma d’aiuto, e credetemi, che ’n virtù della nostra amicitia non cederei di mestitia, e di [p. 6r modifica]pianto all’istesso Eraclito: ma, s’io non posso per mezo delle lagrime, e della melanconia, scemar à voi la doglia, potete ben voi stando allegro scemar à me i dolori. Pregovi dunque à rasserenar l’animo, se non per vostro, almen per mio contento; perche, se i dispiaceri de gli amici sono una morte commune, sarà parimente, che i piaceri de i medesimi siano una vita commune. Io farò ogni cosa possibile per venirmene quanto prima à voi, accioche partiate meco il peso delle vostre passioni. Intanto consentite, che le mie parole facciano alcun buon frutto, e ricordatevi, che.

Non sempre ria Fortuna un loco tiene;

E che non fu giamai Verno così orrido, e così aspro, à cui non succedesse una Primavera lieta, e ridente, e che la Fortuna, o buona, o cattiva à tutti è incerta, e che finalmente per la sua volubilità doverebbono tanto allegrarsi quelli, che sono da lei oppressi, quanto attristarsi quelli, che sono dalla medesima sublimati. State sano, & amatemi.